MARIO LONGHENA dividono e li determinano e con la cerchia dei monti che cingono tutto l’ampio bacino. E’ certo che con tali mappe sono ben fissate le idee di bacino principale e di bacino secondario, è individuata l’idea di valle principale e di valle secondaria, è determinato il concetto di alveo e si pongono con precisione tutte le questioni riguardanti un fiume. Dopo una tavola sinottica di tutti i tributari del gran fiume, incomincia una serie di capitoletti, nei quali tutti i problemi implicitamente contenuti nella mappa pota-mologica sono svolti. L’alveo o letto del fiume per primo è oggetto di considerazione: ne esamina la struttura e mostra qual’essa è per mezzo di numerosi profili, poi si chiede di quali terreni l’alveo sia composto e risolve pure questo quesito, accompagnando la sua dimostrazione con non pochi profili e sezioni. Le rive poscia sono studiate dal Marsili, e poiché ce n’è di paludose e di fatte di pietra, prima le une sono descritte e poi le altre. Il Danubio non presenta sempre la medesima larghezza, ma ora si amplia, ora si restringe: e queste varietà di distanze fra una riva e l’altra sono mostrate con molte sezioni trasversali, il che fa pure per gli altri fiumi che sboccano, fra i maggiori, nel Danubio. I frequenti ponti da lui fatti costrurre su questo o sui suoi tributari l’avevano messo nella condizione di poter conoscere le varie profondità loro e di poter quindi tracciare un profilo del letto in quel determinato punto. Paludi ampie e frequenti si stendono lungo le rive basse del Danubio e del Tibisco; era quindi suo dovere studiarle e riferirne; e così due paragrafi trattano di esse « de paludibus Danubialibus » e delle comunica- - 176 -