CONTE L. F. MARSILI appunto perchè Venezia era stata tanto superiore ai Turchi, non sono in buono stato, si vede — essendo per di più la Repubblica ragusea in condizione di non potersi difendere — quanto sia il pericolo che pende su Venezia, sull’Adriatico, e quindi sui domini pontifìci. Perciò supponendo una rotta dei Veneziani e quindi il ritiro delle navi a difesa delle lunghe coste, l’armata turca certo, dato fondo a Porto Rose, all’ingresso delle Bocche di Cattaro, ed espugnato Castelnuovo, posto di contro, chiuderebbe questa importante insenatura e poi si porterebbe contro le singole città venete, mentre l’esercito di terra dall’Albania, dalla Bosnia e dall’Er-zegovina obbligherebbe Venezia a disperdere le sue forze e quindi a renderle più facilmente vincibili. Quindi si possono misurare da ciò che il M. espone, i pericoli, che neppure potranno scemare d’un po’ se l’Irn-pero intervenga contro i Turchi, chè l’impero attaccherà i Turchi in Ungheria e perciò neppur un legno verrà distratto dall’Adriatico, tanto più che interessa alla Turchia il possesso della Dalmazia, necessaria per riunire facilmente gli eserciti dell’Albania con quelli sulla Sava. E qui il M. insiste nel dimostrare che anche nella ipotesi di un intervento dellTmpero, i vantaggi che ne potranno derivare a Venezia non potranno affatto esonerare nè questa nè lo stato Pontificio dal fare quel che egli suggerisce. Il rimedio efficace ad ovviare al male — dice il M. — è quello già da lui proposto in precedenza al Pontefice, adoperare tutti i mezzi per rendere « vigorosa la forza dei Veneti ». Non bisogna attendere che il pericolo si faccia minaccioso ed imminente, è meglio - 149 ~