MARIO LONGHENA tanto tempo, era fra le terre più note. Ma la prima volta — così racconta il Fantuzzi 2 — che vi si recò fu nell’occasione delle inondazioni delle acque del Reno (1715) e per dare un suo giudizio sulle proposte — non vi andava come privato, ma per invito del Senato — avanzate da alcuni matematici circa il rimedio a queste inondazioni. Vi tornò più tardi — due anni dopo — e non come giudice, ma come studioso del fenomeno. Frutto di questa seconda visita, più attenta della prima, fu un’opera che è ancora manoscritta e porta un titolo latino: «Agri bononiensis palustris historia»: consta di 11 fascicoli, ciascuno dei quali — li ricorderemo in fondo al capitolo — à un titolo suo : ci sono tavole a penna ed a colori — specialmente di piante, canne, e di animali che vi si pescano o vi si cacciano -—: c’è pure un discorso del dott. Giuseppe Monti in forma di lettera, sopra le canne, 3 che è del nov. 1716 e delle notizie botaniche dovute al canonico Amadei. 4 Come già per altre cose composte dal Marsili, neppure per le paludi bolognesi riassumeremo tutto quello che egli ci lasciò scritto : ci sono certi capitoli, come il sesto, dove per 14 pagine si parla del salice, come il decimo, diviso in 5 paragrafi, in cui tratta delle canne palustri, così tecnici che facendone un sunto ben poco si dice a chi legge e riportandone lunghi passi si rende troppo pesante e sproporzionata la narrazione: perciò ci accontenteremo di parlare ampiamente — riferendo le idee del Marsili sopra questo soggetto — della Prefa- 5 Op. cit. p. 242 e 244. 3 È il fascicolo 11 del ms. 139 - fondo non marsiliano. 1 Fascicolo 7. ' 224 -