MARIO LONGHENA lontanava da Bologna, segno era che qualcosa aveva da compiere: il frastuono della sua città era contrario ad ogni seria meditazione, e perciò cercava nel segreto di luoghi benedetti dalla natura la serenità che gli abbisognava. Lo « stato militare dell’impero ottomano » aveva da finire ed a Salò ed in altri luoghi del Garda cerca di ultimare questa sua poderosa opera, pensata già da gran tempo, ina cominciata da non molto. S’è visto anche quello che deriva da questa sua dimora sul lago Benaco: una monografia completa su questo lago, che può considerarsi come una delle cose sue più perfette. Ma nè l’una nè l’altra delle due opere è bastante per esaurire del tutto l’attività sua: ad altro intende, e molte sono le cose a cui si volge. Prima di tutto va intensificandosi in questo biennio la sua corrispondenza con uomini di scienza, specialmente con il Dott. G. Monti e con Giacomo Facciolati, che fu lettore a Padova. Non si ferma sempre sulle rive del Garda, ma 1j lascia per l’interno, va sul monte Baldo, va sul gruppo dei Lessini, e poi ancor più lontano, nella pianura fino a Chioggia ed a Venezia. Ed esamina pesci e piante, strati ed acque, fa disegni e cerca di ricavarne conclusioni. Sfortunatamente siccome le lettere furono dirette dal Marsili a questi due studiosi, nei manoscritti marsiliani non è traccia di esse: forse non conservò gli appunti di cui si valse nel redigerle nè tenne fra le sue carte le brutte copie di esse. Un solo fascicoletto di 26 carte, con vari disegni tratta degli strati che ha potuto osservare nelle cave di marmo di Monte Baldo. Qualcosa di più invece è rimasto delle sue gite a Chioggia: oltre due mappa - 320 -