CONTE L. F. MARSILI invece di andare al mare, esse indietreggiano, questi avviene per la cattiva disposizione della parte terrea clie impedisce lo sfocio al mare e le trattiene entro di sè: sono quindi cause innaturali — tale aggettivo à qui il significato di non voluto dalla natura, ma determinato dall’uomo — che provocano fatti che sono contro al naturale moto delle acque. Dopo — siamo già al secondo paragrafo del primo capitolo del fascicolo sulla qualità e natura delle paludi e sulla loro coltura — spiega come esse, paludi, si formino: il ristagno delle acque correnti dei fiumi produce le paludi, e la varietà del terreno in cui le acque si dilatano determina la diversità di esse. Quanto più le acque s’allontanano dal loro « primo principio » tanto più diminuiscono di profondità, ed allora si forma un’acqua sottile, detta acquastrino o valletta. Nelle parti più fondi crescono le canne e muoiono invece — « col gemito dei popoli » aggiunge il M. — gli alberi e le viti; nelle parti meno fonde e quindi soggette a prosciugarsi vivono erbe amiche dell’umido. Un terzo « grado » di palude è quello — il testo non è molto chiaro — determinato dalla infiltrazione delle acque « per i pori della terra » da luoghi più alti a luoghi più bassi, infiltrazione non impedita dagli alti argini e distruggitrice di fertili campagne e spesso dannosa alle biade ed agli alberi, perchè porta troppa umidità alle loro radici. I vegetali che la natura fa vivere dentro le paludi sono o lignei o quasi od erbacei: ai primi spettano le varietà della famiglia del salice, ai secondi le canne, agli altri tutte le numerose erbe, in parte utili all’industria, in parte utilizzate dall’uomo. - 233 -