MARIO LONGHENA in tale esame è più profondamente geografo, più acutamente indagatore delle cause dei fenomeni superficiali. Il lago — egli dice — è come una « cratera » che si compone di due parti: lo si immagini, per un momento, vuoto: il fondo apparirà stretto fra le due sponde: lo si riempia dell’acqua, di ciascuna delle sponde una parte emergerà dalle acque e l’altra parte sarà dalle acque sommersa. Come si vede, sono, con qualche leggera differenza e con meno proprietà di linguaggio, le divisioni degli studiosi d’oggidì. Ma mentre le parti visibili — continua il Marsili — sono per chicchessia di facile esame, le parti sommerse presentano non poche difficoltà. È vero che dall’emerso si argomenta ciò che è sommerso, è vero che lo scandaglio è uno strumento che sebbene privo d’occhi sa vedere, è vero che dai frammenti di materiale tratto dal fondo o dalla vita pescata da esso si può indurre non poco; ma le difficoltà, se scemano, non sono del tutto annullate. Così il Marsili ragiona; ed in questo suo chiaro e semplice ragionamento due cose noi possiamo notare: la cautela con cui egli circonda tutta la sua opera di studioso — qualcuno non lo creda modestia, che nel Marsili non albergò mai se non imo spirito conscio delle difficoltà del sapere e quindi guardingo nell’af-fermare o nel negare, uno spirito profondamente ed intimamente disposto all’indagine e trepito davanti alla luce delle scoperte — e la perizia ormai moderna che egli usa nell’analizzare il fenomeno geografico. Lo studio del mare gli aveva aperto le porte della limnologia ed anche in questo vasto capitolo dell’idrografia terrestre fa passi degni di attenzione. Continuando le sue osservazioni di indole generale - 270 -