MARIO LONGHENA Magistrato, al 16 gennaio 1712: « Havendo il S. Generale Marsili scritta una lettera all’Ill.mo Reggimento, nella quale porta qualche espressione alquanto disgustosa ed essendosi ordinato al S. Segretario Maggiore che parli per parte dellTll.mo Sig. Confaloniere al S. Generale Marsili, pregandolo di moderare le sudette espressioni, acciocché la lettura delle sue lettere possa riuscire tutta grata al senato; riferitosi pertanto dal S. Segretario Maggiore di havere con tutta efficacia procurato di persuadere al S. Generale la correzione della lettera, ma di non havere per alcuna ragione potuto rimoverlo, protestandosi il S. Generale che se l’Ill.mo S. Confaloniere non stimava a proposito di leggere la lettera al senato, che aveva tutto l’arbitrio di abbru-giarla ». E più oltre, per tempo, quando l’istituto e l’Acca-demia anno cominciato ad essere, scrivendo al canonico Trionfetti, che era stato nominato Presidente dell’istituto, espone le fatiche durate per arrivare alla meta, dice gli ostacoli a lui innalzati dal Reggimento e dagli Assunti e, lasciandosi andare troppo dall’impeto dell’ira, sollevata in lui dal solo ricordo, dà un severissimo giudizio di Bologna: «... questa — scrive — non vede mai verun’altra conclusione che quella di ciancie, di idee, di vani funii », e la chiama vuota della cognizione di sè. Le impazienze del Marsili possono essere giustificate dal gran desiderio di bene che era in lui, dal voler porre un po’ di rimedio al male che stava devastando lo Studio della sua città, dal bisogno che era in lui di fare e dalla sua natura insofferente di ostacoli e di indugi; e queste impazienze, poiché mai scompagnate dalla disposizione di adoperare la lingua e la penna, - 108 -