CONTE L. F. RIARSILI e dai loro costumi. È un tentativo questo che è nobilissimo, ma dobbiamo dir subito che è mal riuscito, in primo luogo perchè gli elementi che l’esame del clima, ristretto a troppo piccola area, a lui dà, sono insufficienti, poi perchè siamo troppo ancor distanti — nel tempo in cui scriveva il Marsili — da una scienza che cerchi di proiettare l’animo di un popolo — la sua natura — da tutti questi elementi, non facilmente amalgama-bili. E le conseguenze sono quelle che è facile indovinare: il clima, un po’ ghiribizzoso di Costantinopoli, non può dare ai Turchi che un certo senso di cautela e nulla più, e i cibi che essi abitualmente prendono non aggiungono nulla al pochissimo od al quasi nulla dato dal clima, perchè o sono secondo il Corano ed allora sono prescritti allo scopo di frenare certi vizi della loro natura, e se invece sono quelli dei loro desiderii, sono più conseguenza che causa di tali desiderii. Come elenco di abitudini e come serie ben combinata di osservazioni, talora acute e sempre opportune questo capitolo può essere accolto, non come tentativo di interpretazione : invece migliore è nella seconda parte dove le qualità dell’animo dei Turchi cerca di profilare con parola esatta: da queste — egli osserva — si potrà non poco dedurre e rispetto alla guerra, al governo loro ed al modo « di negoziar con essi ». Sono notevolmente ipocriti: mostrano con parole e con atti il più alto ossequio ed il più devoto amore per la divinità, ma in fondo essi non credono o credono poco; e questo va detto per tutti i mussulmani di maggior conto; la lor credenza è un’arma ottima per inculcar nell’umile gente e per meritare il nome di pii: quindi pur in essi, aggiungiamo noi, stando a quel - 201 -