MARIO LONGHENA queste sono le più imperfette, perchè ad esse si mescola della terra, e le meno fosforescenti; altre sono argentee, altre diafane, come un calcedonio cireneo, ed altre infine trasparenti come ambra, ma non giallicce: queste sono le migliori. Esaminata all’interno — specialmente quelle di forma sferica — presentano quasi una disposizione a raggi come fibre vegetali, e difatti la baritina del bolognese appare in masse fibroso-raggiate. Il M. fa distinzioni fra la costituzione dell’una forma e quella di un’altra, e ciascuna varietà fissa con un aggettivo che vuole indicare il carattere: indica i colori delle parti interne, terreo, cinereo o giallastro e diafano. Non tenendo conto di quel che dice circa alla sua generazione, chè su questo argomento condivide prin-cipii mineralogici legati a teorie errate, vediamo quel che osserva sulla sua composizione. Prima di tutto esclude, per l’esame che ne ba fatto al fuoco, che essa appartenga alla classe dei gessi — parere fino a lui accolto quasi generalmente — che al più — dopo l’esclusione esatta c’è un’inclusione non esatta — debba assegnarsi ad una specie subalterna del talco e che contenga varie mescolanze di minerali — vetriolo, zolfo e forse mercurio —. Come si vede accanto a buone intuizioni il M. pone errori; la baritina è un solfato di bario, ma non contiene nè mercurio nè vetriolo. Ma poteva con gli scarsi mezzi che aveva, cioè presso a poco quelli che ogni nostra casa possiede, e quindi ben lontano dagli strumenti di un gabinetto di chimica, a poco più di 20 anni, risolvere un problema, qual’è quello della composizione di questa pietra, intorno alla quale s’aggirano anche credenze superstiziose e false? L’ultima parte riguarda la preparazione della pietra - 290 -