MARIO LONGHENA esse ci dicano solo parte del vero o solo un’ombra della verità o anche non la verità, la ferma sicurezza che tutto quel che allora si poteva dire fu detto e fu detto non per caso, ma perchè la bontà del metodo à condotto l’autore alle conclusioni più alte e fonde che si potevano ricavare. In una parola c’è sempre lo scienziato di razza nel M., anche quando tratta della modesta pietra, che è chiamata lucida o bolognese. E non è senza ragione che egli si accinga a studiare questo minerale: alcune qualità della pietra illuminabile bolognese e sopra tutto quella di essere fosforescente, avevano fatto di questa pietra come un soggetto di interessantissima trattazione. Non si dimentichi che nel seicento certe teorie chimiche o meglio alchimiste avevano larga credenza anche fra le persone colte, e il fatto della fosforescenza di questa pietra non era passato sotto silenzio da parte degli studiosi, onde ne parlax-ono il Montalbani, il Poterio, il Liceti, il padre Kircher ed il Cellio, prima che il Marsili, conosciutala sui colli della sua terra, si ponesse ad esaminarla. Chi sa che essa non avesse potuto rischiarare le attraenti tenebri della scienza — chiamiamola così — alchimistica la assai comunemente diffusa pietra bolognese? Forse questa era la lor segreta speranza e forse per questo ne trattarono. Ma diverso è il punto di partenza del Marsili, anzi questi parte appunto dall’intenzione di disperdere un errore, un’ illusione, causa di non pochi altri errori ed illusioni, e perciò sottopone la pietra ad un esame per poterne determinare tutte le proprietà e quindi anche la sua proprietà illuminabile ricondurre ad una spiegazione naturale. Non movendo da un presupposto fallace, ma attenendosi scrupolosamente a quel che a lui rivela l’esame attento - 286 -