CONTE L. F. MARSILI che l’intima ebbrezza di aver fatto ciò che altri più alto di lui non aveva fatto, e di averlo fatto lui, L. F. Marsili, dopo averlo predetto, e di averlo fatto dopo aver convinto della bontà de’ suoi disegni l’erede dell’impero, il Principe Giuseppe. C’è il vanto non di chi gode a dire, ma di chi gode di aver fatto: è proprio l’onore conquistato attraverso l’azione, è la gloria raggiunta con un bel fatto che a lui dà suprema contentezza. E a chi ben consideri appare come rettilinea la condotta del Marsili che attraverso persone fidate, coperta-mente, espone il suo pensiero all’arciduca Giuseppe e non a chi doveva e rispetto ed obbedienza, come a superiore, al Principe di Baden? Forse era nel M. la convinzione che questi non a-vrebbe accettato il suo consiglio? Oppure egli opera così perchè i suoi meriti appaiano più palesemente a colui che poteva meglio e più rapidamente compensare? È necessità che lo induce a passar sopra il diretto superiore oppure è il bisogno di mostrar tutto se stesso, perchè altri non usurpi nè gli porti via solo un po’ della sua gloria? Il desiderio prepotente, incontenibile va al di là dei termini consueti, abbatte nè à coscienza della propria violenza, anzi par quasi che di essa si compiaccia e la secondi. Ed ancora: al suo arrivo a Brisacco, per ordine del Principe di Baden, non lo vediamo immediatamente trovar da per tutto difetti, negligenze, errori; non lo vediamo porsi al lavoro disperatamente e condurre le cose a tal punto da sollecitare un provvedimento disciplinare da parte del comandante in capo, non lo vediamo spedir memoriali e lettere sollecitando, insistendo, premendo vicino e lontano, con lettere al Principe di Baden e con lettere alla Corte di Vienna, non - 86 -