CONTE L. F. MARSILI franchezza noie e danni. Semplice ed ingenuo — due doti che sono conseguenza delle precedenti — spesso credette il mondo retto da quella onestà che egli aveva imposto a sè, e, credendone gli uomini sempre provvisti, prestò fede e ne provò dure delusioni. Eppure era sagace penetratore di anime e perspicace conoscitore delle virtù e dei vizi degli altri; eppure fu psicologo così fine da proiettare nella sua prosa le anime più ricche di oscure pieghe e più lontane dalla meno involuta anima degli occidentali. Indubbiamente sentì altamente di sè: non era alterigia la sua, ma coscienza piena del suo valore e delle sue doti — cosa che non gli impedì di inchinarsi reverente davanti alla scienza e di sentire umile tutta la sua eccelsa maestà. Ostacolo nè opposizione tollerava che altri frapponesse o mettesse avanti, come colui che sapeva essere tutte oneste le sue opere e diritte e miranti al bene e lontane dal suo interesse personale, nè supponeva in altri tali sentimenti da spingerlo a contrastare ed impedire il bene. Desideroso di lode, amante del plauso non dei molti, ma degli ottimi, voleva primeggiare e questo sentimento non era mosso che da una viva consapevolezza della rettitudine de’ suoi intenti e della nobiltà delle mete che voleva toccare. Forse in lui mancò quel tatto che porta agevolmente gli uomini al raggiungimento dei loro onesti fini, forse in lui mancò talora quel senso umano che ci muove al perdono ed al compatimento, forse l’esuberanza della sua natura lo portò bene spesso agli eccessi di certe qualità, che sono virtù — ed ottime — se contenute entro dei limiti rigorosamente umani. In complessio - 159 -