MARIO LONGHENA taggio e la necessità di quelli di allontanare un pericolo; sì che l’Italia s’è ridotta assai male in qualunque parte della sua pianura, poiché si possono temere in essa anche da parte dei più piccoli torrenti, in proporzione, quei mali che porta con sé il Reno. Altri accrescimenti, o meglio perpetuazione di uno stato pauroso di cose, fu data dall’opera dei vicini clic tagliarono, chiusero, costrussero argini, separando e deviando irrazionalmente, per uno scopo prossimo, per vantaggi quasi immediati. La miseria così crebbe: ciò che prima era coltivato e dava buoni frutti, divenne palude ciò che prima non presentava alcuna difficoltà nè abbisognava di alcuna difesa, dovette di frequente richiedere l’intervento di tecnici ed aver bisogno di rimedi. Il M., considerando che le terre che erano paludosa per queste opere che l’uomo, spesso senza prevedere l’avvenire, à fatte, son divenute fertili e che quelle che gli antichi hanno bonificate oggi, per quelle stesse opere sono divenute sedi di acque rifluite e respinte, pensa che in tempi di poi anche queste nuove paludi saranno fatte fertili dall’uomo. Non oggi è lecito sperar questo nè in un vicino domani: bisogna — esclama il Marsili — prepararci a soffrire ; ma fra i due termini estremi di questo lungo periodo, cioè il « termine a quo del nostro presente male... e l’altro ad quem del futuro cambiamento in bene », lungo sarà lo spazio; onde il M. crede di far cosa utile alla sua patria dire tutto quello che crede possano dare queste paludi, raccorciando un po’ il male ed attenuando la miseria di coloro che in queste terre vivono. Per il Marsili la palude è un effetto quasi contro natura: le acque tendono a scendere verso il basso, e se ~ 232 -