ANNO - MDCXCH. 103 da me insinuato, non assente al tributo, e vive volontieri libero da ogni agravio sotto questo Religioso e Pio Governo, ma nei Capi, che nell’ esazioni s’ approfittano, non si può molto fon-damentare, rincrescendole perdere quell’ illecito profitto. Devo perciò con gran desterità allienarli dall’ intenzione, accarezzarli, blandirli con promesse, e qualche regalo di panno (quando ne gion-gerà sarà ben impiegato, non ricavandosi frutto con costoro, se non dove semina la generosità. Per levare poi il modo agl’ altri della contribuzione prohibii con pubblico editto a questi sudditi il dar, o ricever da loro mercanzie senza espressa licenza di questa Carica, che si risserva riconoscere, ciò che non pregiudicarà a fini Publici. Con tale ripiego apprenderanno, che senza i sussidii di questa Città non possano mantenersi et adunar il Carazzo, e forse mutaranno massime; al che ancora giovarebbe se 1’ armi di Vostra Serenità hora che il nemico ha dissiolto le forze riprendessero posto in Cetigne. Gli accidenti presentano alle volte avantaggiosi incontri, abbracciandoli, portaran seco qualche dispendio per erigervi colla cognizione de’ siti invece di quattro debolissime e mal costruite mure di ristretto Monasterio un buon Posto, ma senza i Reggi beneplaciti dell’ Eccellentissimo Senato niente si deve operare ; ben è vero però, che la stagion avanzata non permetterebbe intraprender lavori sino a più placido tempo. Coltivo intanto l’amor de Popoli, potuto finalmente con travagliosi studii rendere pacificati li Cuzzi co’ Piperi, ma implorano le 4 pezze di panno, senza le quali la loro povertà è impossibile soccomba alle pretese degli altri, e porta rischio ritornino alle inimicizie tanto dannose al servizio della Serenità Vostra, a cui humilio la loro autentica lettera, Egual buona sorte provai nell’ haver pure fatto seguir pace tra li Grahovani e Montenegrini di Zusse superiore per tenerli se non coraggiosi, almeno uniti, dove richiederà il bisogno dell’ apparenza. Sollevato a pena dalle gravi inquietudini del Montenero fui premurosamente chiamato alla difesa de’ Drobgnacci, et in un punto stesso alla preservazione di Zarine, ambi minacciati dal Passà d’Ercegovina, che dovea, come humilmente rappresentai nel numero 32, agredir i stati di Vostra Serenità nel tempo stesso, che quel d’Albania entrava contro Cetigne; ma ritardato per opera del cielo lo scoppio di questo nembo, mi diede tempo di contraponermi all’ unione, colla quale egli ancora volle tentar la sua sorte in questa miserabile Provinzia. Sebbene agitato 1’ animo mio dalla ben nota ristreteza, compatita dal provvido zello del-1’ Eccellentissimo signor Kav. Proveditor Generale Dolfino, e soccorsa (per quanto fu anche all’ Eccellenza Sua da un languido potere concesso) coll' espedizione di tre compagnie, due delle quali furono disbarcate, m’ accinsi in momenti alla mossa, et attribuj a buon incontro starsi tuttavia ancorata alla foce del Canale la galera Venier, gionta sotto li 8 caduto dalla Dalmazia colle scritte milizie ; mediante questa celeremente tragettati li pocchi soldati nel distretto di Castel Novo, m’istradai al soccorso di Zarine, dove a primi avisi comandai s’avvanzasse il Collonello Salamonich colle genti di sua squadra e dall’ altro canto alquanti paesani da Castel Novo, che s’ erano portati in Trebigne a far certa diversione comandata dall' Eccellentissimo signor Proveditor Generale. L’essere quella parte esposta all’ impressioni nemiche non meno, che all’ insidie de Ragusei, e lontana da soccorsi mi rese dubioso dell’ evento, ma giuntemi in marchia lettere di quel Governatore, mi partecipò che spintisi la mattina de 20 l’Alaibegh et il Chiecaià del Passà d’Ercegovina con 2000 turchi verso quei posti portarono vigorosi assalti, ma bravamente sostenuti da quegl’ Aiducci, e ribbuttati dopo 4 hore di combattimento, incoraggiti i Cristiani dalla mia vicinanza, sortirono colla spada alla mano, e tolta da nemici vergognosamente la piega, l’inseguirono sin dentro Trebigne, recidendo a 17 le teste, oltre molti feriti, quatro fecero schiavi et aquistarono due insegne, col solo danno de due de nostri morti e quattro feriti; questo fortunato successo mi levò l’obbligo di passar più oltre, ma non piaque molto a Ragusei, da quali furono colà chiamate l’armi nemiche, come avisano le lettere dell’Adami. Con occulte insidie vi inveiscono contro, confermandolo le minaccie espresse nell’ altra del Colonello Salamonich, di volerlo far oprimere dalle forze unite della Bosna et Ercegovina, non solo, che il negato passaggio sul tener loro alle squadre di Vostra