eupasse cariche pubbliche potesse allontanarsi anche temporaneamente dal territorio della Piazza, senza ottenerne il permesso; col N. 89 del 15 Novembre e 90 del 19 Novembre venivano precisati quali funzionari dovessero rimanere. Il Presidente del Consiglio ritornato a Venezia il 15 Novembre ebbe anche ad occuparsi della questione dell’esodo della popolazione civile come si rileva dal foglio 700 KK. S. del 15 Novembre del Comando in Capo di Venezia diretto al Capo di Stato Maggiore della Marina, che dice: « N. 700 RR. S. S. E. Orlando, Presidente del Consiglio, oggi alle ore 16 nel Palazzo del Connine, alla ¡presenza del Prefetto di Venezia, Conte Cioia, mi lia manifestato le sue idee sui provvedimenti da adottarsi per Venezia in (¡uesti tristi momenti, e che qui riassumo: « Non ordinare l’esodo generale della popolazione, ma di non ostacolare la ¡partenza di quelli che si allontanano volontariamente. « Allontanare i disoccuipati e tutti quegli elementi ¡pericolosi che possono produrre perturbamento nella città. « Si preoccupa, il Presidente del Consiglio, di (¡uel periodo di interregno, che si ¡produrrebbe nella città qualora fosse ordinata la ritirata dei /presidi militari, nel quale, venendo a mancare ogni sorveglianza, la ¡parte cattiva della popolazione, non ¡più contenuta da freno alcuno, ¡potrebbe commettere atti di saccheggio che disonorerebbero il buon nome di Venezia e d’Italia. Ad evitare questo stato di cose tanto pericoloso, ritiene sarebbe necessario lasciare un nucleo di Carabinieri e soldati ¡per la tutela dell’ordine e della proprietà. « Questo nucleo di militari potrebbe essere aiutato da cittadini che volontariamente assumessero le funzioni di Guardia Civica. a Ritiene che anche i pompieri dovranno restare sul posto ¡per potere, oltre che accudire al loro speciale servizio, concorrere al mantenimento del-l’ordine ¡pubblico. « Approva le riduzioni dei servizi ¡pubblici al- lo strettamente necessario. « Ritiene che la presenza di ¡parte della popolazione nelle case varrà ad impedire i saccheggi del nemico, ed anche sotto questo punto di vista ritiene necessario che non tutti si allontanino da Venezia. « Ritiene inutile la distruzione del Gazometro che ¡potrebbe ¡produrre ingenti danni alla città. « Mentre mi dispongo a dare disposizioni in a-nalogia ai ¡pareri espressi da S. E. il Presidente del Consiglio, « dichiaro di essere pronto a rimanere al mio posto anche dopo l’allontanamento del Presidio militare per sopraintendere i servizi civici di ordine e di sicurezza delle persone e delle cose. Offro con entusiasmo il sacrificio della mia persona per il bene di epiesta Città che tanto merita, e per la tutela del buon nome d’Italia ». « La circostanza della cattura del Comandante in Capo della Piazza è il Governo che deve vagliare nei riflessi politici se convenga o meno evitarla, in considerazione che possa essere interpretata come una resa al nemico ». Cito. A cui il Capo di Stato Maggiore rispondeva con foglio 167 RR. P. del 16 corrente, come segue: « I principali doveri di V. E. in un eventuale ¡prossimo momento sono quali risultano indicati nel ì egolamento di guerra per le Piazze Marittime e ¡più ¡‘articolarmente nei suoi articoli 5, 6 e 7. « Per contenere i malviventi durante un disgraziatissimo ¡passaggio di ¡possesso della città do-i rebbero rimanere alla direzione dei rispettivi loro uffici le Autorità pubbliche e municipali (Prefetto, Questore, Sindaco, Assessori), gli agenti di pubblica sicurezza (guardie di città e municipali) nonché i pornjpieri municipali ai quali ¡potrebbero venire aggregati in buon numero i migliori operai borghesi degli Arsenali della Marina e dell’Esercito. Questa aggregazione e la relativa organizzazione dovrebbero essere effettuate fin d’ora. « Conferisca, se crede, coti Prefetto e Sindaco e coni ¡piacciasi di concretare, ¡possibilmente entro oggi, i ¡provvedimenti ¡per raggiungere senza com¡promessi con i doveri di carattere militare l’obbiettivo civile e umanitario contemplato nel foglio di V. E. cui rispondo ». Revel. Come si vede, nella eventualità di una occupazione dello straniero, il Capo di Stato Maggiore della Marina aveva escluso assolutamente il caso ehe do vesse restare il Comandante del Dipartimento per la tutela dell’ordine pubblico. L’olocausto della più alta Autorità Navale delia Piazza non era ammissibile. Del pari fu considerato come contrario ad ogni principio militare il trattenervi dei Carabinieri come l’Autorità cittadina invocava. Doveva la città stessa provvedere all’ordine pubblico interno organizzando all’uopo delle milizie con gli agenti municipali, i pompieri e requisendo gli uomini validi dai 15 ai 60 anni, come provvedeva una analoga disposizione del Comando Supremo, e come si rileva dai fogli 116 RR. P. del .17 Novembre, N. 1388 PP. del 17 Novembre, n. 110 del 17 Novembre, n. 182 RR. P. del 19 Novembre e il. 265 del 29 Novembre. Fortunatamente tutti questi provvedimenti non ebbero seguito e la città, validamente difesa sul Piave, attese serenamente il giorno della sua completa liberazione. A Venezia non rimasero, dopo lo sgombro della popolazione civile, che sessantamila persone, composte in gran parte di operai dell’Arsena-le; funzionari ed esercenti. La questione che più preoccupava il Capo di Stato Maggiore della Marina, era sempre quella di conoscere con esattezza gli intendimenti del Governo riguardo a Venezia. — 190