La notte è solcata dallo scoppio ininterrotto degli shrapnelse delle granate, che punteggiano il sereno di vividi bagliori, facendo cadere sui tetti delle case, sulle cupole e sulle strade, con monotono picchiettio, palline e schegge. E quelle bocche da fuoco che continuamente s’infiammano, divampano, scoppiettano, sembra abbiano un’anima. 0 Venezia! a nulla vale lo sforzo dei tuoi difensori, gli sparvieri giungono, si avvicinano, sono sopra di te, non risparmieranno gl’inermi, nè le tue donne, nè i tuoi bambini, nè le tue chiese, nè i tuoi monumenti. Solo la vendetta li conduce e la brama di far pagar caro sopra di te lo scacco subito a Gorizia, conquistata col valore di molti dei tuoi cittadini. Nubi di fumo si addensano e si allargano sulla città, facendo cortina al bianco candore dei raggi lunari e dileguando sulla laguna come un temporale. L’uragano dei colpi viene coperto da boati più forti; sono le prime bombe che il nemico scaglia su Venezia, le (piali con il loro fragore fanno tremare la terra, scuotono le case e mandano in mille pezzi le vetrate. E le bombe si succedono alle bombe, i boati ai boati, gli scoppi agli scoppi e i «gnoomm» delle schegge di granata passano lúgubremente fischiando, insieme alle palline degli shrapnels. Poi un po’ di tregua, un po’ di silenzio, ma subito dopo riprende il fuoco antiaereo; nuovi aerei arrivano, il rumore dei motori si avvicina sempre più e il frastuono cresce. Si odono spaventosi boati e scoppi fragorosi di nuove bombe. Verso Santa Marta il cielo è in fiamme; il Cotonificio Veneziano a poco a poco diventa un braciere ardente. Nuovi rumori si aggiungono, altri motori pulsano; sono le lancie dei pompieri e della R. Marina che accorrono sui posti minacciati dall’incendio. Tutti non curanti del pericolo compiono il loro dovere, la morte non li spaventa. Intanto il getto delle bombe continua. II Comandante in capo della Piazza Marittima di Venezia, S. E. Paolo Thaon di Revel, si fa por- tare col motoscafo nei punti della città più minacciati, impartendo ordini, sorvegliando di persona l'opera di difesa e di spegnimento degl’incendi, mentre la lotta è più accanita e il nemico più si sfoga su Venezia. Di tanto in tanto succede un po’ di sosta, ma poi la lotta ricomincia. Un sibilo, uno scoppio più fragoroso degli altri, seguito da uno schianto che scuote la terra, e a quel fragore, a quello schianto, segue un’immane fiammata, che a taluni è sembrata uscire dalla Chiesa di San Marco. E una colonna di fumo nerastro s’innalza cupa verso il cielo, accompagnata da miriadi di scintille. « San Marco! hanno colpito San Marco! ». Passa la voce da vicino a vicino, da casa in casa. « San Marco, San Marco! » e tutti credono Il Cotonifìcio Veneziano dopo l’incendio — 76