12 DA LISSA A PREMUDA non permettere lunghi sforzi. Tutti i congegni della immane macchina burocratica, costituita con troppa precipitazione, si muovevano imperfettamente. Gli spiriti regionalistici si facevano sentire, e talvolta in modo preoccupante, quasi in ogni ramo dell’attività nazionale. Si avevano, insomma, quasi soltanto le muraglie esteriori del grande edificio del nuovo Stato; il lavoro formidabile per costituire l’organismo interno era appena agli inizi, e procedeva lentamente, tra difficoltà d’ogni genere. E questa Italia, così giovane e così impreparata, doveva battersi con la Monarchia d’Absburgo, che era forte di un’organizzazione uscita vittoriosa da prove terribili, e che era sostenuta da un’armata e da una burocrazia fra le prime d’Europa. Come era possibile aver ragione di siffatto avversario, e far trionfare il nostro diritto ancor quasi inerme sulla sua forza secolare e tenace? Le sconfitte dell’anno infausto furono come una grave lezione, che piombò sugli italiani a disperdere i troppo facili entusiasmi, le troppo rosee illusioni, a insegnare che la grandezza e la vittoria potevano essere il premio soltanto di un