Pola e Premuda 53 e perizia marinara, e strumenti e armi e metodi adeguati al cimento. Nel rievocare le imprese di Pellegrini e di Rizzo, si è richiamato il confronto con le gesta dell’epopea. Ma anche l’epopea impallidisce al confronto. Quale delle imprese scolpite nei rudi versi di Omero, quale delle fantasmagorie cavalleresche scaturite dalla fantasia di Lodovico Ariosto, può stare a paragone di quelle compiute dai quattro di Pola e dai quattordici di Premuda, o presenta con tanta evidenza e tanta drammaticità la circostanza che più colpisce nei racconti di battaglie di quei poeti: il contrasto tra l’intelligente audacia e la forza mostruosa, la vittoria dell’eroe uomo contro il gigante bruto, di Davide contro Golia, di Ulisse contro Po-lifemo? La piccola barca montata da quattro uomini, che supera difese credute insuperabili, e rimane un’ora a preparare il suo colpo, entro una cerchia di migliaia di cannoni, sotto immani mostri d’acciaio. I due gusci di noce, che con quattordici uomini attaccano e sconfiggono una divisione di dreadnoughts. E nessuna delle frasi famose con cui è scolpito nei secoli l’atteggiamento di eroi foggiati dalla fantasia dei poeti o balzati