IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI Roma, 2 febbraio 1927. Caro Mozzi, Ella desidera da me due righe di « presentazione al pubblico ». Evidentemente non al pubblico ristretto dei tecnici agrari che da qualche lustro segue la sua opera e la sua predicazione, virtuosissime entrambe, con l’attenzione più benevola e con quotidiano profitto. Ma a quel grande pubblico, dalla cui confusa moltitudine dovranno uscire lo specialista e l’uomo di governo, lo sperimentatore appassionato e l’amministratore cosciente. Mi permetta di affermare che, anche davanti a questa più vasta platea, il Suo libro si raccomanda senza bisogno di banditore. Ella ha applicato alla materia delle sistemazioni fluviali e delle bonifiche il metodo storico. Bene. Ha scelto, tra i vari insegnamenti del passato, quelli che si ricavano dalla legislazione veneta. Ottimamente. I Veneti sono stati spinti dalla necessità a perfezionarsi nell’arte idraulica : la conservazione della Laguna e l’approvvigionamento della Città anadiomene resero indispensabile sistemare, talvolta trasferire i fiumi e liberare le terre coltivabili dalla soggezione alle acque disordinate. E poiché le audacie della tecnica veneta sono documentate da opere di cui permane tuttavia piena la efficacia, lo studioso sa che, a Venezia, le leggi intese a disciplinare i lavori pubblici non sono state accademiche. Giustamente Ella ha poi avvicinato agli insegnamenti della più vetusta sapienza amministrativa la istituzione contemporanea