L’ ANTICO VENETO MAGISTRATO DEI BENI 1NCULTI 51 cato fiscale presso il Magistrato alle acque, ed assai scarse sono le indicazioni che egli dà sui Consorzi. Anche Bernardino Zendrini, pubblico matematico e soprain-tendente alle acque dei fiumi, delle lagune e dei porti dello Stato Veneto, nella sua pregevolissima opera sulle memorie storiche ddlle lagune di Venezia mentre tratta ampiamente dell’opera del Magistrato alle acque non ha che qualche fugacissimo accenno al Magistrato dei beni inculti. Non riusciamo pertanto a comprendere come un istituto così importante non abbia mai avuto uno storico che lo descrivesse nel suo funzionamento e nelle sue sapienti, ammirabili ed utilissime manifestazioni (1). (*) Soltanto l’avv. Marco Ferro nel suo Dizionario del Diritto Comune e Veneto al voi. I (Venezia, 1845) alla parola «Beni Inculti » brevemente scrive: « La scarsezza delle biade in quasi tutto lo Stato nel Secolo XVI diede origine alla istituzione di una Magistratura sui beni inculti. Per negligenza degli abitanti, moltissimi fondi di terra ferma e dell’Istria erano divenuti affatto incolti, per essere resi o troppo secchi, o coperti di acque, e ridotti ad una sterilità non naturale. Perciò il Governo nel 1545 spedì dei Periti a visitare tutti i territori, coll’incarico di suggerire, dietro l’ispezione dei luoghi, quei provvedimenti che essi trovassero più necessari. Dopo nove anni di diligente esame, devenne il Senato nel 1556 alla creazione di tre nobili del suo corpo, col titolo di Provveditori sopra luoghi incolti, i quali dovessero rimanere un’anno nella loro carica. « Ad essi incombeva d’istruirsi dei suggerimenti e disegni dati dagli ingegneri, e da altri sopra i luoghi indicati, rassegnando al Senato le loro opinioni, tanto uniti che separati. Per promuovere la coltivazione, il mezzo più agevole fu quello di istituire dei Consorzi de’ condomini possessori dei vari terreni posti dentro stabiliti circondari, onde essi con dispendio ripartito in proporzione della quantità da ciascuno posseduta si facessero, e si tenessero i ritratti a comune profitto. Quindi si aprì la strada alle acque, acciocché potessero discendere al basso, accordando ai consorti e comuni di far scolatorii, e ponti canali. Anche a’ giorni nostri, se i conduttori o i consorti ritrar volessero terreni, devono fare il disegno dei siti, e le misure dei canali, da presentarsi e custodirsi negli atti solenni di questo Magistrato, onde esso esamini se possa venirne danno ad altrui. I conduttori inoltre debbono pagare il doppio valore del fondo che occupano per lo scolo delle acque ; e finalmente i ritratti sottostar debbono ai danni che perciò avvenissero ai fondi inferiori. La materia poi dei ponti canali si demandò al Magistrato alle acque. Nell’anno stesso si ordinò l’irrigazione dei fondi sterili per la siccità e si fissarono le regole ai Consorzii ed ai privati per trarre acqua dai fiumi, e ciò col mezzo delle investiture: veggasi il sommario di tutti