18 l’ ANTICO VENETO MAGISTRATO DEI BENI INCULTI stesso, considerato che nel territorio dello Stato si trovavano molti luoghi incolti, sia per mancanza o deficienza di scolo, sia per mancanza d’acqua, i quali luoghi quando fossero stati irrigati, o quando le loro acque avessero avuto il regolare deflusso, verreb- del predetto decreto, che, così com’è compilato, non lascia certamente supporre alla preesistenza dell’ importante organo idraulico della Repubblica creato fino dal 19 settembre 1545; poscia a Giovanni Griffo, il quale nel suo Sommario dei Decreti concernenti i Beni inculti, stampato nel 1558, non riporta che il decreto 10 ottobre 1556; infine ad altri scrittori quali l’avv. Marco Ferro (1845) e Casimiro De’ Bosio (1855), che il sommario del Griffo presero a base dei loro studi. Neppure nei Capitolari contenenti i Decreti e le Terminazioni relative al Magistrato dei beni inculti, esistenti presso l’Archivio di Stato, è contenuta alcuna disposizione antecedente al 10 ottobre 1556. È certo però, come appare dalle disposizioni che riportiamo più avanti, che l’istituto se ha avuto vita il 19 settembre 1545 ebbe una più precisa e robusta organizzazione col decreto 10 ottobre 1556. Alvise Corner con sua relazione 15 dicembre 1540 al Doge (è questo il più antico documento che abbiamo trovato sull’origine dei Consorzi veneti) dimostra la necessità di provvedere, pel bene dello Stato e dei sudditi, alla bonificazione dei terreni paludosi mercè lo scolo delle acque o la colmata, ed alla irrigazione dei terreni aridi. Dimostra inoltre come l’opera di bonifica per essere attuata con sollecitudine e con utilità debba eseguirsi dallo Stato : «..... il ritrarre paludi e luoghi inutili è sola cosa pertinente e propria a Signore (al Principe), et non a persone private, et quello che un privato non potrà fare in vint’anni con spesa grande, il Signore per l’autorità sua tendendo al ben pubblico lo farà in tre anni con li due terzi manco della spesa. Et questa è la causa, che l’invidia de’ vicini, e qualche volta in non saper ciò che faccia per loro è causa di contravvenire alla bonificatione de molti luoghi che si faria da privati. Oltra di ciò non si conciede a una privata persona per bonificare li suoi luoghi, aprire e serrare Tacque, tagliar arzeri, far scoladori nuovi, cambiar alvei a fiumi, levar via molini, rimover livelli, et altre cose necessarie a questo ritrarre, che il Signore può farlo per l’autorità sua, per lo ben pubblico». E propone che, eccetto i beni di proprietà dello Stato e dei Comuni, metà dei beni appartenenti ai privati a bonifica compiuta abbiano da passare in proprietà dello Stato a titolo di rifusione delle spese occorse per la bonifica medesima. Con relazione 28 settembre 1556 lo stesso Alvise Corner insiste presso il Principe perchè voglia provveder alla bonificazione ed alla irrigazione dei terreni incolti. E nel dare alcuni suggerimenti domanda, qualora lo Stato non voglia provvedere diretta-mente alla esecuzione delle opere di bonfica necessarie, che gli sia data concessione di provvedere alle opere stesse, a date condizioni e con facoltà di poter far togliere i molini esistenti nei fiumi nelle località ove essi non sono necessari ; di poter fare ponti, botti, scoli attraverso fondi inferiori per condurre le acque al mare per la via più corta ; di poter eseguire tagli negli argini dei fiumi allo scopo di immettere, senza danno alla navigazione, nelle paludi l’acqua torbida, perchè col deposito della terra abbia da elevarsi il piano delle paludi stesse ; di poter derivare acqua dai fiumi, senza danno