Capo I. I fiumi sboccanti nella laguna veneta minacciavano di convertirla in palude. « Non restava dunque ai veneziani altra via di scampo aH’infuori di quella da essi seguita e cioè di bandire i fiumi dalla laguna » (l). D’altra parte, male regolati, male inalveati ed arginati, i fiumi stessi recavano gravi danni al territorio della Repubblica. Senza alcuna disciplina idraulica, mancanti o deficienti di scolo, vastissime estensioni del territorio medesimo erano impaludate, altre frequentemente e gravemente danneggiate, sia dalla deficienza d’acqua, sia invece da allagazioni causate dai fiumi o dalla mancanza di deflusso, ed altre costituivano addirittura dei laghi, quali, per esempio, il lago di Vighizzolo, il lago della Gragnola (o di A nguillara), il lago di Vescovana, il lago del Peocchioso, il lago di Cuori ed altri. Se si esamina una carta topografica della Regione veneta del XV secolo si può farsi subito un concetto delle tristi condizioni idrauliche ed agricole di quella regione in quel tempo, in cui numerosi e grandi fiumi la percorrevano indisciplinatamente in tutti i sensi. Preoccupato di un tale funesto stato di cose, preoccupato cioè dei disordini dei fiumi, dei lidi, della laguna, il Governo della saggia Repubblica istituiva nel 1505, il Collegio alle acque, mentre poco più tardi, e cioè il 19 settembre 1 545 (2), il Governo (*) Ing. ANTONIO AvERRONE, Sull’antica idrografia veneta, pag. 16. (2) Finora ritenevasi che il Magistrato dei beni inculti avesse avuto origine col decreto 10 ottobre 1556. Tale errore riteniamo debba essere attribuito anzitutto al testo Mozzi 2