190 COMMEMORIALI, LIBRO XXVIII. dar notizia di tali ordini a tutti gli ufficiali subordinati. Rinnova poi il divieto dell’ erezione e l’ordine della distruzione delle opere fortificatorie ai confini verso lo stato veneto (v. n. 81). Dato in campo presso Scutari. — Simili ordini furono spediti ai sangiacchi di Licca, Glissa, Erzegovina ecc. 83. — 1638, Agosto 21. — c. 93. — Breve di papa Urbano Vili al doge e alla república di Venezia. Si congratula della vittoria riportata (il 7 corr.) dalle navi veneziane contro i pirati barbareschi che infestavano il Mediterraneo e le spiaggie d’Italia. Il nunzio, arcivescovo di Tessalonica (Francesco Vitelli), manifesterà più difusamente i sensi del pontefice a voce (v. n. 81). Dato a Roma presso S. Maria Maggiore. — Sottoscritto da Giulio Rospigliosi. 84. — 1638, Settembre 7 e 14. — c. 99-1181.° — Inventario degli oggetti tratti dalle galeotte barbaresche catturate e poi affondate per ordine della Signoria. Sono artiglierie, attrezzi ed oggetti navali, bandiere, telerie ed arredi da letto e da stanza, vesti diverse da uomo e da donna, arredi sacri (vesti ed oggetti), stoffe in pezza, libri stampati, munizioni da guerra, pece, sego, biscotto ecc. ecc. All’ inventario, oltre al segretario del Cappello, attese anche Giacomo Pellicioli. Alcuni oggetti furono riconosciuti di proprietà del capitano Cristoforo Audricich svaligiato dai barbareschi presso la Valona. Fatto in Corfù v. n. 83 e 85). 85. — 1638, Ottobre 25. — c. 99. — Antonio Cappello, provveditore del-1’ armata, al doge (in volgare). Manda l'inventario n. 47, il che non potè far prima per 1’ ordine venutogli di affondare le galeotte barbaresche, che esegui, e per cui fu costretto a sgombrarle in fretta ammonticchiando gli oggetti. I capi e sopracomiti suoi dipendenti desiderano la divisione di quel bottino, ch’egli non volle fare senza previo ordine della Signoria (v. n. 84 e 86). Data in galea a Corfù. 86. — 1638, Febbraio, ultimi giorni (m. v.). — c. 136. — Versione in volgare di firmano del sultano di Turchia a Sahin agà pascià di Bosnia. Avendo Venezia agito contro i trattati vigenti, ed esso inviate già alla Signoria le relative rimostranze, con riserva di prendere ulteriori deliberazioni al ritorno dalla guerra ; vieta ogni commercio, e nominatamente quello del grano, dei suoi sudditi della Bosnia, di Valona, Giannina, Salonicchi ed altri luoghi dipendenti dall’ impero con Sebenico, Spalato, Zara e con tutti i paesi soggetti alla república. Ciò fino alla stipulazione di nuovo trattato (v. n. 85 e 87). Dato in Amid (Diarbekir) capitale della Mesopotamia. — Spedita dal bailo in lettera 30 aprile 1639, n. 133. 87. — 1639, Luglio 15 (circa). — c. 137. — Versione in volgare di convenzione stipulata dal bailo veneto (Alvise Contarmi) col rappresentante del