56 commemoriali, libro xxv. 46. — 1590, Ottobre 23. — c. 63 t.° — Scrittura in cui si espone che presentatosi ad Abdula figlio di Mehemet, giudice di Galata e dell’ isola di Marinara, Seid Abdi chiaus delia Porta, coll’ intervento di Marco Antonio Borisi addetto al bailo veneto, dichiarò esser certo che Venezia fa il dovuto per tener sicure le sue acque contro i corsari, che non va imputata ad essa la depredazione subita ad opera di uscocchi di Segna dal dichiarante presso Gabella della Narenta, e che la Signoria non lia per ciò alcun obligo di risarcimento; e quindi egli rinunzia ad ogni pretesa di compenso. Scritta da Alnned figlio di Mahmud vicario del giudice di Gal^rta. — Testimoni dieci turchi designati col solo nome di persona e di padre. — Tradotta dal Borisi suddetto. 47. — 1590, Novembre ultimi giorni. —. c. 72 t.° — Hassan bei figlio di Abdullah e Sefer figlio di Abdullah attestano che Abdullah zaus, commesso di Mohamed agà figlio di Abdulmenan, cavallerizzo maggiore del sultano, presentatosi in giudizio, coll’ intervento di Cristoforo Brutti rappresentante il bailo veneto Girolamo Lippomano, dichiarò che un caramnssale d’ esso cavallerizzo comandato da Islan reis, catturato da 4 galere di Malta, fu ad opera dei rettori veneti di Cefalonia liberato; ed avendolo questi venduto col carico, ne furono ricavati 1,220 zecchini (pari a talleri 2,092 aspri 3) somma che il Brutti contò al detto commesso, il quale ne fece quitanza in nome del suo mandante. Testimoni sette turchi indicati col solo nome di persona e paterno. —- Scritto da Achmet figlio di Mehemet, vicario del giudice di Galata. 48. — 1590, Dicembre, primi giorni (recte Novembre 29 *). — c. 64 t.° — Firmano del sultano Amurat indirizzato all’imperatore (Rodolfo II) di Germania. Dopo pomposa intitolazione il sultano dice esser comparso alla sua presenza Volfango Ehrenreich von Strai n (Streun) governatore (sic) di Schwarzenau, inviato speciale, che con 1’ ambasciatore imperiale ordinario, Bartolomeo Pezzen, gM portò il tributo di due anni. Soggiunge di avere, a richiesta di quei due, che gli espressero le intenzioni pacifiche dell’imperatore, consentito a rinnovare per altri 8 anni venturi la pace a cominciare dal gennaio 1592, purché siano impediti i disturbi ai confini, nè dato ricovero ad uscocchi nella fortezza di Segna, e risarciti i danni che i sudditi imperiali dessero ai turchi. Vuole ancora che non siano riedificate le fortezze di Szàdvàr, Banya, ed Erdòd ai confini della Transilvania, od altre in quei paesi. Vuole compresi in questi patti tutti i membri di casa d’ Austria e i sudditi imperiali. Proibirà ai suoi dipendenti di danneggiare e molestare i domini dell’ imperatore e i loro abitanti. E promette di osservare quanto sopra, e di farlo osservare dalle genti di Polonia, Transilvania, Bogdania e Valacchia, come pure dai suoi alleati re di Francia e Venezia (v. n. 49). Dato a Costantinopoli. — Versione in volgare di Cristoforo Brutti. (') V. Hammer, St. dell'Impero osmano, trad. di S. Romanini, Venezia, 1830, XIV, 439.