90 COMMEMORI ALI, LIBRO XXVI. 28. — 1597, Dicembre 24. — c. 47 t.° — Breve di Clemente Vili papa, ad perpetuarvi rei memoriam. Concede indulgenza plenaria a tutti coloro che, confessati e comunicati, pregheranno per la concordia dei principi cristiani, estirpazione delle eresie ed esaltazione della Chiesa, davanti all’ altare della chiesa di S. Marco di Venezia nel quale saranno riposte le reliquie di santi state già del cardinale Gian Francesco Commendone e da esso pontefice donate, per la detta chiesa di S. Marco, a Giovanni Delfino cav. ambasciatore presso di lui. Segue 1’ elenco delle reliquie. Dato a Roma presso S. Pietro. — Sottoscritto da M. Vestri Barbiani. * 29. — S. d. (1597, Dicembre prima del 27). — c. 26. — Sommario (in volgare) dell’ allegazione presentata al pontefice da don Cesare d’ Este, spedito alla Signoria dall’ ambasciatore a Roma. L’ allegazione è divisa in sette parti, e si studia provare : 1.° che il papa deve sottoporre la questione al giudizio di arbitri, essendo causa temporale. 2.° Essere la natura del principato di Ferrara vicariato e non feudo ; essere i bastardi abili a conseguirlo ; parlando le bolle di figli, non escludono gli illegittimi, dei quali pure alcuno conseguì il vicariato e anche feudi. Alfonso padre di don Cesare potè, benché legittimato, succedere nel vicariato in forza di bolle di Sisto IV e di Alessandro VI. 3.° Essere il vicariato allodiale. 4.°, 5,° e 6.° Che anche in caso di feudo il principato spetterebbe a don Cesare. 7.° Essere valida la elezione fatta dal popolo di Ferrara. Ribatte in fine tre obbiezioni (v. n. 27 e 30). 30. — S. d. (1597, Dicembre, prima del 27 *). — c. 27 t.° — Don Cesare d’ Este al papa (in volgare). Dice che, dopo la morte del duca Alfonso (II) suo cugino, spedì il suo rappresentante conte Girolamo Giglioli per offrire omaggio e obbedienza al pontefice. Intanto giungeva da Roma il cavaliere (Camillo) Gua-lenghi, inviatovi dal defunto duca, che gli espose ciò di cui avealo incaricato il papa, in seguito a che esso Cesare fece proporre un arbitrato, respinto dal S. Padre, come dichiarò anche il cardinale di S. Giorgio (Cinzio Aldobrandini). Non potendo ciò credere, lo scrivente dice aver dato poteri al Giglioli onde ripetere la proposta ; nè può supporre che si movano contro di lui le armi spirituali e temporali della Chiesa mentre offre obbedienza. Termina accreditando qual suo rappresentante il conte Ercole Rondinelli (v. n. 29 e 31). (*) Inserta in lettera dell’ ambasciatore veneto a Roma, del 27 Dicembre. 31. — 1597, Dicembre 27. — c. 27. — Brano di lettera (in volgare) di Giovanni Delfino, amb. a Roma, al doge. Riferisce ragionamento tenutogli dal pontefice per dimostrare infondate le pretese di don Cesare d’ Este, contro le quali, fra altro, addusse le scritture presentate dagli Estensi quando aspiravano alla precedenza sul gran duca di Toscana; parlando poi di arbitrato, il papa disse non potersi fidare di principi, come lo dimostra l’esempio di Modena e Reggio, nè di privati che si possono comperare (v. u. 30 e 32).