doge: marino grimanì. 71 Dalmazia, ove era governator generale delle milizie, ad organizzare la difesa di Venezia per sospetto de’ Turchi, e prima e poi molte incombenze relative a lavori fortificatori. Finalmente, sempre animato da profondo affetto per la república, scrive la presente come ultimo attestato de’ suoi sentimenti. In essa raccomanda la continuazione attiva dei lavori della fortezza di Palma, intorno ai quali, per suo incarico, suo nipote Giovanni Garzoni esporrà alla Signoria diverse vedute. Ricordate di nuovo le benemerenze della sua famiglia, che contribuì grandemente a dare e conservare il Friuli a Venezia, raccomanda alla Signoria i suoi nipoti, conte Mario, buono e fedele soldato, conte Germanico, pur soldato, ma esigliato e che tornando in grazia si mostrerà degno discepolo del duca di Parma (Alessandro Farnese), Marco Antonio ed Ettore, quest’ ultimo pure bandito e pel quale invoca indulgenza. Raccomanda il capitano Orazio (Governo) suo allievo, che serve sotto di lui da 40 anni e conosce tutti i suoi secreti e perfettamente 1’ arte delle fortificazioni. Dona sei macchine di sua invenzione « per levare e condurre artigliane ». Questa lettera sarà presentata alla Signoria da Bernardo Sagredo dopo la morte dell’ autore. Data in casa del Savorgnano e da esso sottoscritta (v. n. 107). 109. — 1595, Novembre 4. —■ c. 158. — Dichiarazione simile al n. 93 per 7 statue con piedistallo ed altra mezza statua (v. n. 110). 110. — 1595, Novembre 27. — c. 158. — Pietro Amadi riferisce in Collegio (in volgare) di avere, per ordine di Giov. Battista Padavino segretario del Senato, intimato a nome del Collegio stesso a Domenico Grimani di consegnare il rimanente dei marmi di proprietà dello stato ; che il Grimani rispose voler prima esser sentito dalla Signoria, al che esso Amadi replicò riferendosi al n. 98 ; che in seguito Federico Contarmi fece dire al medesimo Grimani che manderebbe a prendere i marmi, ma quest’ultimo insistette per la sospensione (v. n. 109 e 113). 111. — 1595, Dicembre primi giorni. — c. 150. — Versione in volgare di firmano con cui Maometto III sultano dei turchi dichiara di avere, per gli uffici dell’ ambasciatore veneto Leonardo Donato cav. e proc. di S. M., confermata la pace con Venezia alle seguenti condizioni che giura di osservare finché saranno osservate dalla república : Sarà pace ed amicizia con Venezia e suoi paesi e sudditi, compresa l’isola di Tine. Parga e il suo territorio saranno della república, la quale farà risarcire i danni che gli abitanti di quel paese dessero a sudditi del sultano. Questi farà compensare qualunque danno che i suoi soggetti recassero a quelli della Signoria. I navigli veneziani non potranno entrare in Costantinopoli, Pera, Alessandria, nello Stretto di Gallipoli, nelle bocche di Lepanto, in Prevesa e Modone senza licenza delle autorità locali, salvi i casi, di forza maggiore, chiedendo però il permesso dopo entrati, e quello di ripartire. Incontrandosi in mare navi delle due parti, si tratteranno amichevolmente, e chi desse danni sia punito e costretto al risarcimento. I legni veneziani che