DOGE: LEONARDO DONATO. 123 li perdette. Intima sotto pena di scomunica di rimettere il canonico e 1’ abate nelle mani del nunzio il quale punirà quei rei ; e annulla la procedura contro questi fatta dalle autorità laiche (v. n. 16 e 19). Dato e sottoscritto come il n. 16. 1505, Dicembre 11. — V. 1604, Ottobre 8, n. 2. 18. — 1606, Marzo 10. — c. 27 t.° — Il rettore e i consiglieri di Ragusi al doge (in volgare). Quella república, per deferenza a Venezia, perdonò ai la-gostani la ribellione come lo dimostra il n. 2 ; e pregano sia fatta restituir loro T isola col castello. Data a Ragusi. 19. — 1606, Aprile 17. — c. 42 t.° — Breve di papa Paolo V a tutti i membri del clero degli stati veneti (in volgare). Esposto come in occasione di una lite fra il dottore Francesco Zabarella di Padova e i monaci di Praglia il Senato veneto abbia decretato, il 23 maggio 1602, che mai gli ecclesiastici e luoghi pii degli stati suddetti possano pretendere azione di prelazione nei beni ecclesiastici enfiteutici posseduti da laici nè acquistarne per alcun titolo la proprietà, ma solo il diretto dominio ; come, il 10 gennaio 1603, lo stesso Senato abbia vietato 1’ erezione di chiese, monasteri o simili in tutto lo stato senza permesso della Signoria, e successivamente, il 26 marzo 1605, abbia proibito agli enti ecclesiastici e luoghi pii dello stato 1’ acquisto di beni stabili senza il predetto permesso ; esposti inoltre i due casi della procedura criminale contro il canonico Saraceni e 1’ abate Brandolino citati nel n. 17 ; dice tali atti contrari al diritto canonico e all’ autorità e libertà della Chiesa, enumerando le pene comminate contro chi li commette. Non avendo poi la Signoria dato ascolto alle benevole esortazioni, il papa, appoggiandosi all’ autorità dei concilii e dei suoi predecessori Innocenzo III, Onorio III, Gregorio X, Alessandro IV, Clemente IV, Martino IV, Bonifacio VIII, Bonifacio IX, Martino V ecc., coll’ assenso dei cardinali, dichiara nulli i mentovati decreti e procedure della república, e intima al doge e al Senato di revocarli entro 24 giorni dalla publicazione del presente in Roma. E se nel detto termine la Signoria non avrà dato notizia della revocazione, con restituzione dei diritti offesi e consegna al nunzio dei due ecclesiastici carcerati, il pontefice dichiara scomunicati il doge, il Senato e tutti i loro fautori, dalla qual pena non possano essere assolti che in punto di morte, o solo dal papa. Se poi scorressero tre giorni dopo i 24 senza che la Signoria facesse atto di resipiscenza, s’intenderanno sottoposte all’ interdetto tutte le chiese e luoghi dedicati al culto dei domini veneti, trattine i casi permessi dai canoni per le sole chiese a porte chiuse. Di più il doge, il Senato e i loro aderenti sono privati dei feudi anche personali e dei beni che tengono dalla Chiesa o da ecclesiastici, e di tutti i privilegi e indulti loro concessi dai papi ; riservandosi ad ulteriori più severe misure in caso di perduranza. Ordina poi ai destinatari, sotto le più gravi pene, di publicare il presente nelle rispettive