56 quel trono un Signore nella cui perseveranza potesse a-vere totale fiducia nelle lotte coi Turchi, rimasero' vani. Alla frontiera occidentale, benché fosse allora re d’Ungheria un discendente di sangue romeno, il figlio di lancu Voda, il celebre re Mattia Corvino, dovette lo stesso lottare ed infrangere a Baia la superbia di colui che veniva a cacciarlo dal trono e a sostituirlo con Pietro Aronne. La frontiera verso Oriente non era mai tranquilla a causa dei Tartari, dovendo pnch’essi sentire come tagliasse la sciabola moldava. Verso la Polonia, benché gli si facessero tante promesse di buona vicinanza e d’aiuto contro i pagani, si veniva cercando l'occasione d’umiliarlo, come fece il re Casimiro a Colomea, disponendo le cose in mòdo tale che nel momento in cui Stefano faceva il giuramento di fedeltà e di sottomissione, la tenda regale cadesse e tutto quello che accadeva in segreto uscisse alla luce, affinchè tutti potessero vederlo-. E’ vero che questa umiliazione la pagò cara più tardi l’esercito polacco del re Giovanni Alberto nella battaglia dei boschi di Cosmin. Finalmente, rispetto' ai Turchi, con tutta la sua sfolgorante vittoria del 1475, le lodi della quale risuonarono nell’Europa, non riuscì a condurre a un buon esito il suo progetto di cro-criata cristiana riè con le potenze d’Occidente nè con quelle d’Oriente. Tanto le une quanto le altre, preoccupate più dei loro imbrogli e dei loro' meschini interessi che del pensiero della salvezza definitiva della cristianità, non sostennero Stefano* se non con promesse e con « parole vuote ». Ebbe ragione lo storico magiaro Istvanffy a dire di Stefano che « per la sua permanente mirabile