DOGE LEONARDO LOREDANO 93 sporte di pepe a due. 80 1’ una; il tempo di dimora delle galee veneziane in quel porto dopo la ; nuda; le norme pel commercio dell’ argento e del danaro; quelle per le senserie ; la restituzione di 6000 due. ai veneziani ; la liquidazione della senseria su 460 sporte di pepe esportate nell’ ultima muda; circa le tare sulle merci ; circa. il commercio delle spezierie ; su quello dei panni d’ oro e di seta ; circa la inviolabilità e libertà de’ contratti commerciali; sul traffico delle pelliccerie ; sulla facoltà ai consoli e agli altri veneziani di importare ed esportare i propri e personali arredi di casa con esenzione da imposte ; facoltà ai consoli di vendere colà fino a 1000 due. 1’ anno di merci franche da ogni diritto; e così a ciascun mercante fino a 200 due. ; la zcmicliia da pagarsi ai consoli è di due. 200 l’anno; è libero a tutti vendere e comperare sulle galee veneziane ; il sultano e i suoi non potranno prendere o noleggiare legni veneziani per forza; i veneziani non saranno ritenuti responsabili per danni dati da loro connazionali fuori di Alessandria a sudditi del sultano ; questo farà riparare e rendere adoperabili i magazzini e le abitazioni dei veneziani ; si confermano tutti i privilegi concessi anteriormente agli stessi veneziani (v. n. 126). Sottoscritta da Tangreberdi. 136. - 1507, Giugno 18. — c. 104. — Ladislao VI re di Ungheria e Boemia al doge. Dichiarato che le somme pagategli dalla republica in virtù dei trattati furono sempre da lui spese secondo lo spirito di quelli ; chiede che gli sia sborsato il saldo di quanto gli è dovuto, e per la riscossione accredita Alberto de Lonyay già capitano di Segna (v. n. 133 e 137). Data a Buda. — Sottoscritta dal're. 137. — 1507, Giugno 18. — c. 104 t.° — Ladislao re di Ungheria ecc. fa sapere di aver dato ad Alberto de Lonyay facoltà di esigere quanto la Signoria di Venezia gli deve (v. n. 136 e 142). Data e sottoscritta come il n. 136. 138. —• 1507, ind. X, Giugno 26. — c. 101. — Bernardino da Corsano giudice e Tomaso de Giorgio notaio, in Taranto, dichiarano che Troilo Raftopulo, greco da S. Maura e cittadino di Messina, nominò suo fratello Giovanni a proprio procuratore, dandogli facoltà di esigere da Gian Paolo della Rocca di Catania, dalla Signoria di Venezia e da chiunque altro il risarcimento dei danni patiti da esso mandante e da suo fratello Scipione per la cattura fatta da veneziani di una nave del detto della Rocca, a cui i citati fratelli avevano prestato grosse somme (v. n. 140). Fatta in Taranto. — Sottoscritti il giudice coi testimoni : Francesco Beton mercante, Cristoforo Ficatello e Cataldo Fanello, ambi da Taranto. — Atti Tomaso suddetto. Baffaele Piera canc. di Taranto attesta la legalità del notaio predetto. 139. - 1507, ind. X, Luglio 24. — c. 100. — Istrumento in cui si dichiara