211 e il periscopio subito dopo, muove verso di noi. Era già a 30 metri e non cambiava di rotta, venendoci direttamente ad investire; tutti si allontanarono ed io con la mano che avevo sana ebbi l’accortezza, quando il periscopio mi era già addosso, di scansarlo. Poco dopo, oltrepassato il gavitello, il sommergibile si fermò e venne a galla. Solo allora capimmo che esso era tedesco. Venuto fuori dalla torretta il comandante ci chiamò a bordo. Il signor Carniglia mi sciolse e mi ci portò. Ma vistomi in condizioni assai gravi, tanto da credermi prossimo a morire, il comandante tedesco, fatto prendere un salvagente, su cui vidi scritto « U 11 » voleva abbandonarmi in mare. Il mio ufficiale avendo già intravisto di cosa si trattasse, domandò il perchè di questo atto inumano e gli venne risposto che io non potevo essere tenuto a bordo in quelle condizioni tanto più che il sommergibile doveva eseguire le consegne di restare in agguato in quel posto fino alla sera. Il signor Carniglia si oppose energicamente a ciò ed aggiunse che, se io fossi stato abbandonato in mare, egli mi avrebbe seguito. Dopo qualche discussione fui preso, portato giù, ed adagiato in una cuccetta. Allora l’orologio segnava le ore 9,30. Tutti si affaccendavano attorno per curarmi: solo il comandante tedesco di tanto in tanto mi rideva sardonicamente in viso. Il mio comandante in 2° intanto notò che nelle carte di navigazione i tedeschi tenevano tracciate le posizioni dei nostri sbarramenti di Venezia, e notò anche che il sommergibile aveva solo due tubi di lancio, che era stato costruito nell’aprile 1915 e che non vi erano siluri di riserva. Intanto si navigava immersi e verso le ore 14 giungemmo in un piccolo porto vicino a Pola dove ci fecero scendere bendati. Il mattino seguente noi prigionieri fummo, in un automobile ermeticamente chiusa, portati a Pola, dove i miei compagni passarono tutti in cella. Io, dopo aver subito un interrogatorio, venni portato all’ospedale di marina in una stanza al terzo piano, solo e piantonato. Qui rimasi 29 giorni, durante i quali fui molto ben curato e dove da un croato, che seppi amicarmi, appresi parecchie cose fra cui la notizia che il Curie era stato ripescato e riparato. Mi disse anche che la rete di sbarramento all’imboccatura di Pola è molto spessa e resistente e, dalle indicazioni sue a proposito, dedussi che i nostri coltelli tagliareti collaudati a Taranto nel 1914 ed a Venezia nel 1915, non possono riuscire a tagliarla. Pola avrebbe cannoni antiaerei con una distanza di tiro di 11 chilometri. A 20 miglia da Pola, in una posizione non precisabile, si troverebbero 4 file di mine affondate a scacchi. Il giorno prima di partire da Pola dalla finestra della mia stanza potei osservare il porto, dove