- 346 - il mio... — andai a posare le rotte membra in una stanza che con me doveva albergare il maestro e i suoi due bimbi.... Davvero che non avrei mai sospettata una si profonda povertà nella casa d’un istitutore e tanto meno il disagio... boccaccesco cui dovevo sottomettere la famiglia del brav’uomo con la mia presenza! In fatti, udite.... Balamace, i bambini ed io ci eravamo appena coricati che la moglie del primo, un’albanese, entrò nella stanza.... Accortasi ch’io non dormivo ancora, la buona donna frettolosamente usci, ma per tornare all’attacco più tardi.... Invano, chè le mie palpebre si ribellavano al sonno. Seconda ritirata, e terza « rentrée » di lì a poco.... Manco a dirlo, stavolta, io, impietosito, fìngeva di russare, tal che la sposa potè, tutta trepidante, gettarsi a lato del consorte.... Non saprei ridirvi ora quale sforzo dovessi fare per non scoppiar in una risata omèrica, che senza dubbio avrebbe mal disposto l’animo ospitale de’miei buoni anfitrioni! È superfluo aggiungere che durante la notte i bimbi si scossero, si agitarono, gemendo, a più riprese, e che prima del-l’alba la fedele moglie disparve dal fianco del compiacente marito allo scopo, si sa, di nulla far trapelare a me di quanto era avvenuto, e senza il minimo dubbio sul mio sonno di lepre! Sarei forse rimasto a Fra^eri un giorno ancora, se dopo simili guai non mi fossi indotto a tornarmene subito a Premeti, rinunciando al designato viaggio a Miciani; la noia, per di più, mi aveva invaso corpo e spirito. Spuntava appena il giorno che io presi congedo da Balamace e dalla sua diletta compagna, cui in fondo dovevo un tributo di viva riconoscenza per il loro gentile benvolere a mio riguardo, malgrado la squallida miseria delle loro domestiche pareti. Nel riprendere la via della montagna e dei blocchi di neve, verso Premeti, tirai un gran sospiro di conforto.... Lasciavo