— 85 — In nostra compagnia si trovavano colà anche tre greco-mani , uno dei quali, a un dato momento, ci rivolse la parola per chiederci la ragione della nostra venuta a Lunca. Udita la semplice risposta, che, cioè, desideravamo conoscere i Romeni di Lunca, il grecomane replicò che là non esistevano che greci, nessuno essendo romeno come i romeni di Romania, terra lontana molto e di cui appena il nome era stato fatto qualche volta.... Di qui una vivace discussione fra il grecomane e l’istitutore Balamace, discussione che divenne a poco a poco sempre più animata.... Io, che me ne stavo rannicchiato su una coperta in un angolo della stanza, intervenni bensì nella disputa oratoria fra i due, ma solo quando il momento sembravami più propizio per la nostra causa, preferendo, in definitivo, ascoltare, e, d’ altra parte, non sapendo chi più ammirare, se Balamace, che difendeva con tanto calore la nazionalità de'Romeni o il grecomane stesso, caparbio nelle sue idee e sostenitore convinto di queste, oltre che fornito d’ una intelligenza più che ordinaria. Ma il grecomane, alla fine, si vide dal lato del torto, e non potè nascondere il suo smarrimento; uomo, ripeto, di naturale ingegno, si lasciò pian piano convincere dalla nostra dialettica stringente, tal che, dopo quasi un’ ora di dibattito, si arrese, e, voltosi al gendarme turco della nostra comitiva, lo apostrofò su per giù in questi termini: « Tu, vedi mo’come m’hanno gonfiato la testa!... Che cosa potrei più dunque rispondere, adesso, se, in vero, io medesimo non so più a chi, a che cosa credere?!... »; e, indirizzandosi poi ora a me, ora a Balamace, aggiunse: « Ebbene, se voi siete veramente nostri fratelli e la Romania è la madre nostra, dove siete stati, voi Romeni, finora, e perchè non avete pensato a noi, abbandonati, al contrario, nelle mani dei Turchi e dei Greci?! Sta bene, come voi dite,