— XIV — e che non conoscano la vita civile; essi resistettero con la lingua e con i costami a tutte le tempeste etnografiche che sconvolsero per diciannove secoli la penisola, balcanica, e tali e quali li mandarono'le varie provincie d'Italia, così rimasero; essi rappresentano il monumento vivente che attesta anche nell’Albania, come in Dalmazia, la potestà della civiltà latina dinanzi al mondo e il diritto che ha la romanità di essere anche colà rispettata e amata dallo straniero. Non solo, dunque, lungo le coste liburniche, da Tergeste, a Pola, a Salona, a Risano, è sacro il diritto di difesa della nostra gente; ma oltre, anche nell’Albania. A parte ogni altra considerazione politica parmi che quel sangue latino, resistito per quasi duemila anni ad ogni incrocio di gente non propria, dovrebbe significare qualche cosa anche per l’Italia. La Romania da gran tempo compie il dover suo e senza clamore, come la vera madre che non abbandona i figli: il Governo turco, infatti, fu sempre benevole con l’elemento romeno. In Dalmazia, gli italiani non possono dire altrettanto. Io penso qui, con ammirazione, alla parte assuntasi dal Generale Lahovdry (V quando, essendo egli Ministro degli Affari Esteri, fece studiare dall'amico Burileanu i romeni di Alba- fi) Il generale Lahovdry fece scrivere al signor Burileanu la seguente lettera col mezzo del li- Ministro di Romania in Roma: N. 42 Roma, 25/12/1905. Pregiato Signore, Conformandomi all’ ordine ricevuto da Bucarest, ho V onore di esprimerle i ringraziamenti di S. E. il Generale I. Lahovdry, Ministro degli Affari Esteri, per il modo intelligente col quale Ella ha compiuto l’incarico affidatole