— 166 — Da Chiatra taliata a Yodizza. In cammino, di bel nuovo, verso Barda ! Non era peranco spuntata l’aurora.... Sino alle falde del Tomor il viottolo che comincia ad allargarsi alquanto, corre in discesa per un piano inclinato appena, senza troppe asprezze di terreno, sicché, alzandosi via via il sole, potei contemplare agevolmente tutta la maestosità della montagna. Da Dobreni in giù, dopo una brevissima fermata, lo spettacolo si fece magnifico; mi apparve allora, nella sua completezza, il fianco occidentale del Tomor, con bassi rialzi seminati di diversi Comuni e non più si crudi all’apparenza come tante altre regioni da me incontrate nel lungo viaggio. Da Dobreni scendemmo nella valle di Tomoriza, e dopo un’ altra mezz’ ora di percorso nel letto quasi asciutto dell’ omonimo fiumicello — torrente, d’inverno —, riprendemmo la salita del Tomor sul fianco Nord in direzione di Darda. Man mano che avanzavamo altri viandanti si aggiunsero alla carovana, musulmani, in maggioranza, che si recavano come i Farsalioti al « bazar » di Berat. Una tomba, a un certo punto del sentiero, ergevasi, triste..., asilo eterno d’un romeno, nipote al farsaliota che per caso discorreva con me, proprio in quel momento! — Ecco, di là... — prese egli medesimo a raccontarmi — di sopra a quei due rami, a sinistra, i « Baciari » spararono due fucilate contro il disgraziato mio nipote.... In padella c’ingoiano quei cani, e impotenti dobbiamo restare.... La nostra vita, questa! Mi esimerò dal descrivere anche fuggevolmente la traversata del Tomor da questa parte, che sembra non dover mai finire, per le difficoltà di varia specie del tragitto, quasi tutto scosceso, fra i massi, in continue salite e discese, tal che a ogni