156 COMMEMORIALI, LIBRO Vili. chi di ragione. Il Barbo dichiara protestando : avere effettivamente la veneta Signoria ordinata la consegna ; il Muazzo ed il presidio dell’ isola essersi rifiutati di obbedire ; non essere perciò esso Barbo nè Venezia colpevoli di non osservanza del del trattato, ma bensì il Muazzo ed il presidio (v. n. 122). Fatto come il num. 120. — Testimoni: Iacopo Vizzainano, Antonio Contarmi, fra’ Iacopo da Imola dei predicatori, Oliviero de Brevetio not. — Atti Antonio del fu Giovanni de’ Dobrati da Feltre cancelliere del bailo e capitano di Tenedo. 122. — 1382, ind. V, Gennaio il. — c. 54 (56). — Il nobile Benedetto della Torre (v. n. 121), intima a Giovanni Muazzo bailo e capitano a Tenedo di consegnare quell’ isola a Bonifacio di Piossasco capitano elettovi dal conte di Savoia, giusta il pattuito nella pace di Torino (v. n. 92), protestando altrimenti come nel n. 121. Il Muazzo risponde : avere ricevuto gli ordini relativi; essere egli stato disposto ad obbedire, e i cittadini pronti ad emigrare in Candia ; ma intimoriti gli abitanti dell’ isola da voci sparse dal genovese Raffaele di Quarto, che Genova volesse prender vendetta di coloro che consegnarono l'isola stessa ai veneziani, si sollevarono, elessero lui, Muazzo, capo e governatore, e tutti insieme col presidio giurarono di mantenersi in libertà. Non avere Venezia colpa della non avvenuta consegna. Il della Torre replica non doversi credere alle parole di Raffaele suddetto, nè pregiudicare i diritti di Genova le cui intenzioni sono ottime (v. n. 103). Fatto in Tenedo. — Testimoni: Lodovico Dandolo, Antonio Contarini, Biagio Malipiero, Raffaele di Quarto e Francesco Burlengo ambi genovesi, e Iamo (?) Sagudino di Costantinopoli. — Atti come al n. 121 (v. n. 123). 123. — 1381, ind. V, Gennaio 14. — c. 56 (58) t.° — Giovanni Muazzo bailo e capitano a Tenedo, al doge. Il 6, la galea Vizzamana, col capitano e le genti del conte di Savoia, gli portò l’ordine di consegnare l’isola a questi ultimi. Si accinse ad obbedire; ma gli stipendiarì e balestrieri, creditori di ben 9780 ducati d’oro, rifiutarono di uscir dal castello se non fossero pagati. Fa notare che, quantunque egli abbia contratto per conto publico per ben 4966 due. di debito, la mancanza di provvedimenti da parte della Signoria indusse il massimo scontento nelle milizie di terra e di mare. Convocati i cittadini veneti ed i greci dell’ isola (oltre 4000 persone), tutti, benché afflittissimi, s’ erano rassegnati a passare in Candia. Intanto il genovese Raffaele di Quarto, mandatario di Francesco Gattilusio signore di Metelino, andò sobillando il popolo onde non consentisse a sottomettersi, come diceva, a Genova, mentre lettere di Costantinopoli — spedite da esso bailo alla Signoria veneta per mezzo del sopracomito Enrico Dandolo — confermavano dover l’isola cadere di nuovo in mano a Genova, i cui cittadini insultarono in Chio Lorenzo da Chioggia domiciliato a Tenedo, perchè aveva innalzata sopra un suo legno la bandiera di S. Marco. In seguito a tutto ciò, ebbe seco a segreta conferenza il commissario Pantaleone Barbo, i sopracomiti Antonio d’Arduino, Enrico Dandolo e Iacopo Vizzamano, i nobili Lodovico Dandolo, Fantino e Marco Michele, Paolo Barbo e Antonio Contarini, i cittadini Giovanni Griffoni, Paolo Lombardo, Filippo Brandel-lini e Faccio Duzi, e tutti convennero esser l’isola per cadere in mano dei genovesi,