nico e l’angelo, che scaccia Lucifero, venne eseguita da un valente pittore romano, che finora i critici d’arte non sono riusciti con certezza ad identificare. Prima della rifabbrica vi esisteva una cappella Contarini tutta ornata di stucchi e d’oro con un dipinto del Tintoretto rappresentante il Presepio, nella quale si leggevano su due lapidi delle iscrizioni che ricordavano Domenico di Maffeo (1520) e Angelo di Francesco (1572), che rispettivamente la eressero e la adornarono. Questa famiglia Contarini è pure ricordata da un mausoleo, che si vede sull’interno della porta principale della chiesa di S. Stefano, innalzato nel 1650 dal doge e dal fratello alla memoria del prozio Domenico, valoroso generale, che combattè insieme a Bartolomeo D’Alviano. Nel mezzo di esso campeggia maestosa la statua equestre dello stesso, vestito da provveditore generale, con l’iscrizione commemorativa incisa sul cassone, che le sta sotto. A destra si vede in- una nicchia il busto di Angelo a lui eretto, come si legge nella sottoposta iscrizione, dal fratello doge nel 1657, il quale aveva fatto fare a sinistra una eguale nicchia vuota, per mettervi il suo. Egli aveva perciò ordinato nel testamento che il busto, che si era già fatto scolpire, vi venisse collocato dopo la morte con sotto un elogio nel quale fosse descritto il modo con cui « la misericordia di Dio » lo aveva fatto eleggere doge ed i versi che lo riguardano, contenuti nell’opera stampata sui dogi di Venezia del padre cassinese Leone Mattina. Aveva pure disposto che il monumento venisse « abbellito con pitture dalle bande e nel frontespicio a ciò più nobile e ricco apparisca, empiendo quei vani con le pitture.... acciò serva a nostri posteri di una generosa incitatione per conseguire col mezo della virtù gli gradi maggiori della nostra Patria». Il figlio Giulio invece nulla fece di quanto aveva ordinato il padre e lasciò la nicchia vuota, forse considerando che non sarebbe stato decoroso di mettere il suo busto in un posto secondario del monumento. È curioso notare che il generale Domenico aveva ordinato ai suoi eredi nel testamento del 2 - 255