chiudersi con una lapide di pietra viva in modo che altri non vi potesse esser messo. Nulla si sa di positivo sull’architetto del monumento e sugli scultori. Il Moschim riscontra nell’architettura il carattere dell’arte scamozziana ed il Venturi nell’autore della statua della Carità un continuatore dell’arte del Vittoria. Egli nacque, 1’ 11 novembre 1536, da Giovanni e da Bianca Sanudo, che ebbero insieme a lui altri sette maschi. Fu di proporzionata e distinta figura e di volto con fattezze regolari, che assunse in vecchiaia una veneranda bellezza. La famiglia, a cui apparteneva, è una delle più illustri e antiche di Venezia. Nelle carte notarili apparisce per la prima volta nel 1084 e secondo la tradizione avrebbe avuto nei primi tempi il cognome di Tribuna e di Monegaria e della sua stirpe sarebbero stati i dogi Domenico Monegario, Pietro Tribuno e Tribuno Memmo. I tardi genealogisti, secondo il loro solito, le danno origine romana, facendola discendere nientemeno che da Menesteo, compagno di Enea! Non era molto ricca, avendo denunziato in Decima il doge insieme ai nipoti, figli del fratello Pietro, poco più di 829 ducati di rendita. Egli però con la buona amministrazione e con la sua industria riuscì ad aumentarla. Il palazzo dominicale lo aveva a S. Barnaba in calle lunga. Ben corredato di studi si distinse tanto nella pubblica amministrazione da raggiungere in questa rapidamente 1 più elevati uffici. Dopo aver retto con gran decoro, somma integrità e intelligenza le principali città della veneta terraferma e il provveditorato generale di Palmanova e aver coperto le più alte cariche dell’amministrazione centrale potè ottenere senza difficoltà la Procuratia di S. Marco de ultra. Sicché, quando morì Leonardo Donà, aveva una così eminente posizione fra gli uomini di Stato veneziani che venne elevato, il 24 luglio 1612, al dogado nel primo scrutinio con ben trentanove voti su quarantuno, vincendo i procuratori Benedetto Moro, Giovanni Bembo, Nicolò Sagredo, il cavaliere Giovanni Mocenigo e il cavaliere e procuratore Antonio Priuli. Contava allora settantasei anni - 213