padre. Sposò nel Q46 Felicia Maripetra, da cui ebbe un figlio che fu il celebre doge Pietro Orseolo II, al quale, in una visita che gli fece a Cuxa, avrebbe predetto il dogado. Fu sepolto, appena morto, nel chiostro vicino alla porta della chiesa. Nel 1027, essendo stato annoverato fra i beati, il suo corpo venne messo in un monumento intra gremium ecclesiae, ad una certa altezza da terra super pavimentum. Si dice sia stato rimosso di lì il 12 aprile 1487 e trasportato nel coro, dalla parte dell’Evan-gelo, a destra del seggio dell’abate, ma non è certo. Indubbiamente fu rimosso nel 1566 e sepolto in un luogo del quale col tempo andò perduta la nozione. Fra il 1615 e il 1619 venne ritrovato in seguito a restauri delle mura del coro, e per evitare altri smarrimenti fu messa sulla sua tomba una lapide. Il 6 decembre 1644 le di lui ossa vennero rinchiuse in una cassa di legno dorato, che venne esposta sopra un altare particolare dedicato a S. Romualdo, a cui fu aggiunto anche il suo nome. Nel 1731, essendo stato dalla Chiesa proclamato Santo, Venezia per mezzo del suo ambasciatore a Parigi ottenne dalla Corte di Francia la concessione di una sua reliquia. L’abate, dopo la ricognizione del corpo, avvenuta il 30 settembre 1732, avrebbe desiderato di mandare a Venezia il braccio destro completo, ma non gli fu possibile di metterlo insieme, e vennero mandate invece tre ossa della gamba destra. Queste, portate da due Benedettini, arrivarono a Venezia nel settembre del 1734. Dopo essere state depositate temporaneamente a S. Giorgio Maggiore, furono solennemente portate nella ducale cappella di S. Marco, dove vennero collocate in una ricca urna d’argento del peso di seicento once. Ne seguì una sontuosa funzione con processione alla quale intervennero il doge con la Serenissima Signoria, il clero, le scuole e i soldati fra il suono delle campane e il tuonare delle artiglierie delle navi. Per commemorare questo avvenimento il Senato, con decreto del 7 febbraio 1733, stabilì che fosse considerata festa di palazzo la - 41