polto nella chiesa di S. Sofia a Costantinopoli, dove morì di oltre novanta anni il i° giugno 1205. 11 monumento in cui fu deposto sembra fosse un’arca di marmo, con sopra intagliati il corno ducale e le insegne di S. Marco. Secondo il Sansovino, sarebbe stato collocato nel portico, secondo il Morosini e lo Stella nell’atrio e secondo il Sañudo in una cappella dei Veneziani esistente nella basilica. Presentemente nella parte centrale della galleria gineceo, alla quale si accede da una balaustrata, che chiude lo spazio un tempo riservato alla Corte greca, vi è una lastra di marmo recante un semplice riquadro con incisa la scritta « HENRICUS dandolo » che si ritiene sia stata apposta da persona che sia riuscita a determinare il sito del collocamento dell’arca. Rodolfo Gallo l’attribuisce all’architetto Gaspare Fossati restauratore della moschea fra il 1847 ed 1849, ed il Paspati, senza accennare al suo autore, ritiene sia stata apposta nel 1865. Questa lastra di dimensioni piuttosto piccole è a sua volta compresa in un’altra più grande, ora spezzata, attorno alla quale si scorgono dei fori nel pavimento, profondi circa due centimetri, di forma geometrica, simmetrici fra loro che dovevano servire a fissare, piuttosto che una balaustrata metallica, i sostegni dell’arca marmorea o l’arca stessa. Questa deve essere stata distrutta quando Santa Sofia fu trasformata in moschea e le ceneri del Dandolo con ogni probabilità, come narra lo Stella, vennero disperse. È poco credibile che Maometto II le abbia salvate dalla dispersione, quando si consideri che i monaci di S. Giorgio Maggiore di Venezia in tempi anche più recenti non si fecero, come abbiamo già visto, alcuno scrupolo di distruggere il monumento al grande doge Domenico Mi-chiel e di disperdere i suoi resti! Non credo quindi che possano trovarsi sotto la lapide con la scritta, anche perchè non mi sembra piobabile che in una volta di pietra, anche per ragioni di statica, possa essere stato costruito un loculo per conservarle. Vicino alla iscrizione il podestà di Venezia, co. Pietro Orsi, ha fatto collocare una targa in bronzo con la scritta « Venetiarum inclyto duci - Hen- 58 -