Pietro Grimant così splendido nelle ambascierie che si disse che con lui viaggiava la maestà del veneto Senato. E malgrado ciò in una poesia del 1722, anno in cui concorse la prima volta al dogado, fu definito una tegna (spilorcio). Con tanta considerazione non tardò molto a conseguire la Procuratia di S. Marco de supra. Quindi aggiungendosi anche le grandi benemerenze acquistate combattendo contro i Turchi dal fratello Andrea, capitano generale e cavaliere di S. Marco, e dal fra-tello Carlo, più volte provveditore generale, cavaliere e procuratore de supra, potè arrivare al dogado, che ottenne, il 17 gennaio 1735» senza concorrenza di alcuno. Se splendido era stato prima, lo fu ancor più dopo, tanto che il trattamento da lui fattosi venne pa-ragonato più a quello di un re che a quello di un doge. Durante il suo principato Venezia, più in decadenza che mai, continuò nella sua politica di neutralità rifiutando di lasciarsi trascinare in una nuova guerra col Turco insieme alla Russia e all’Austria. Ebbe una controversia presto appianata con Roma per l’erezione di un fortino sul Po a Goro e per le immunità del veneto ambasciatore a Roma ed un’altra con l’imperatore per il patriarcato di Aquileia, controversia questa che ebbe risoluzione solo nel dogado del suo successore: arrivarono a Venezia, accolte con grande solennità, le reliquie del doge Pietro I Orseolo. Il 17 giugno 1741, in seguito ad un accesso di apoplessia il Pisani morì con universale compianto, dopo aver avuto il dolore di essere stato preceduto nella tomba da vari fra i più stretti parenti. Il suo corno ducale fu offerto in voto alla chiesa della Salute dove si vede, a destra del’al-tare di S. Antonio, in una vetrina insieme al suo stendardo. Anche a lui l’Università di Padova decretò un ricordo marmoreo. La sua discendenza si estinse in un Almorò III, morto nella seconda metà del secolo passato. Nella magnifica chiesa della Madonna dell’Orto, davanti all’altare maggiore, si vede la pietra tombale del sepolcro della fami- 296 -