fatto da fattori. Entrato quindi nella vita pubblica, coprì vari ed im-portanti uffici e riuscì ad essere insignito della porpora procuratoria de extra. Fu eletto doge il 5 marzo 1476, all’età di ben 83 anni, con venticinque voti, non senza contrasto concorrendo con lui i procuratori Benedetto Venier e Andrea Lion e vinse più che altro per l’appoggio avuto dai molti parenti, che erano in Maggior Consiglio. La sua nomina non fece troppo buona impressione per l’origine troppo recente della sua nobiltà. Perfino un suo uomo di affari non potè trattenersi dal dire che « i quarantuno no haveva altri da far dose che un casaruol » (biadaiuolo). Durante il suo dogado continuò la guerra con i Turchi, che assalirono l’Albania e devastarono il Friuli, e un tentativo di pace non ebbe buon esito per le loro troppo grandi esigenze. Cercò di far liberare dal bando il figlio Bartolomeo, condannato per aver ucciso involontariamente un agente di polizia, facendolo diventare cavaliere di Rodi, ma non riuscì, perchè il Maggior Consiglio emanò subito una legge con la quale stabilì che non fosse sufficiente l’assunzione di un abito ecclesiastico per poter esser amnistiati da una condanna. Questo figlio aveva acquistato per seimila ducati dalla famiglia Malombra il feudo di Latisana, che aveva scelto per sua residenza dopo l’esilio da Venezia. Terminò la sua lunga e in complesso felice esistenza il 6 maggio 1478. Una poesia in pochi versi ce la descrive con molta efficacia : In tutte le sue cose fu felice: Nell’ età giovanil fu il più avvenente Di quanti gentil’uomini ci fussero. Ebbe molti figliuoli di gran conto Eccellenti in virtute et in valore Ebbe pur molte figlie maritate Nelle case migliori della Patria Di facoltà e ricchezze era ricolmo Piacevole però e cortese molto 136 -