ratori Vincenzo Cappello, Marco Giustinian ed Andrea Da Lezze, i cavalieri Alvise I Mocenigo, Alvise Foscari e Girolamo Landò, ed i patrizi Battista Nani, Giovanni Barbarigo, Giorgio e Nicolò Contarmi, Piero Lion, Paolo Caotorta, Giovanni Cappello e Giovanni Pisani (20 gennaio 1646). Era molto ben voluto e rispettato dal popolo per la sua grande applicazione agli affari, quantunque fosse rozzo di modi e nei discorsi, difetto contratto nella sua lunga carriera militare. Durante il suo dogado infuriò sempre più la guerra col Turco, che tentò di invadere anche la Dalmazia. Memorabili furono specialmente i combattimenti navali ai Dardanelli, dove rifulse il valore della veneta armata. Per sopperire alle spese di guerra vennero iscritte nel veneto patriziato coll’esborso di centomila ducati varie famiglie e alcuni patrizi ottennero, pagando venti e più mila ducati, la procuratia di S. Marco. Il 27 febbraio 1655 lasciò questa vita, avendo raggiunto gli ottanta anni di età. Non prese moglie, come aveva fatto il fratello Domenico, e lasciò tutto il suo ai figli di Vincenzo Molin, Andrea, Pietro e Marin, discendenti da Piero, fratello di suo nonno Domenico. Ad Alvise Molin di Alessandro del suo colonnello lasciò la ricca e copiosa biblioteca raccolta dal fratello Domenico ed i quadri più belli che possedeva. Carlo Contarini si era fatto costruire vivente una sepoltura terrena, correndo l’anno 1634, nella cappella Santa della chiesa dei padri minori riformati dedicata a S. Bonaventura, che era stata costruita, insieme al convento annesso, al principio del secolo XVII e consacrata nel 1623. Sulla lapide, che la chiudeva, era incisa una breve iscrizione che ricordava che la tomba era stata fatta fare da lui per sè e i suoi discendenti. La cappella, chiamata Santa per le molte reliquie che vi erano custodite, stava a sinistra del coro della chiesa, che nel 1810 venne col convento adibita ad usi profani. Nel Carlo Contarini - 241