procuratori Andrea Lion, Benedetto Venier, Antonio Erizzo e Marco Barbarigo, per questa mancanza non compensata da eminenti re-quisiti. Movimentatissimo fu il suo dogado, che iniziò all’ età di settanta anni. La guerra col Turco, che durava da ben sedici anni, ebbe finalmente termine con la perdita dell’Albania e di alcune terre della Grecia. Appena fatta la pace, Venezia fu travolta nelle contese degli Stati italiani e dovette nuovamente impugnare le armi, prima in difesa di Firenze e poi contro il duca di Ferrara. Finì colPaggiungere ai suoi domini il Polesine, ma dopo sacrifici di ogni genere, e dopo essere stata scomunicata dal papa, che prima l’aveva determinata alla guerra contro Ferrara. Poco dopo la sua elezione scoppiò a Venezia la peste, che gli rapì la moglie Taddea Michiel, sepolta solennemente nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo. Egli era malato gravemente e fu tenuto all’oscuro del luttuoso evento, fino a che non fu guarito. Nel 1479 consumata dal fuoco buona parte del palazzo ducale, sicché il doge e la Signoria dovettero trasferirsi al palazzo Duodo al di là del rio. Nel 1485 scoppiò nuovamente la peste, che venne contratta anche da lui e che lo fece morire il 14 novembre. A causa del pericolo del contagio fu subito sepolto. Nei funerali, che seguirono, venne commemorato da Giovanni Molin dottor. Lasciò una figlia di cui non si conosce il nome, moglie di Antonio Dandolo, e un figlio, Leonardo, marito di Cristina Trevisan dalla tressa. La tomba in comune dei due dogi fratelli Marco e Agostino Barbarigo, che sorgeva maestosa nella bella chiesa della Carità, non esiste più. La chiesa, sconsacrata e spogliata, è ora adibita a Galleria di belle arti, mentre le ceneri dei due principi sono andate disperse. Il bel monumento rivive in una incisione di Isabella Piccini del 1692. Era formato da tre arcate unite insieme e appoggiate al muro della chiesa, a destra di chi entrava dalla porta principale, ed era collocato di fronte al monumento del doge Nicolò Da Ponte, Marco Barbarigo ' 139