di levare solo il gradino ed il sedile di marmo e coll’ impegno di non farlo più alto della lista di marmo nero, che sta sotto il basamento delle colonne. Ma neppure questo fu allora concesso, ed il doge Francesco Loredan e suo fratello Giovanni, discendenti del doge Leonardo, mandarono a monte anche l’ultimo tentativo fatto a questo scopo nel 1756 dai frati i quali dovettero contentarsi di mettere i sedili del coro a lato del monumento come si vede oggi. Leonardo Loredan, primogenito di due maschi, nacque il 16 novembre 1436 (provato 23 novembre 1453) da Gerolamo da San Vitale e da Donata Dona. Il palazzo del suo ramo, rifatto alla fine del Cinquecento, è quello che si vede ora in campo S. Stefano. I tardi genealogisti fanno derivare la famiglia Loredan nientemeno che da Muzio Scevola ed affermano perciò che in principio si chiamasse Maniarda o Mainarda (Mutius Scevola manum ardeo). Quindi avrebbero cambiato il cognome di Maniardi in Loredani per aver dominato il castello di Loreo o per le molte corone ottenute nelle guerre all’epoca romana per fatti d’armi gloriosi (laureati e poi lau-retani)! Papa Alessandro III per gesta gloriose contro il Barba-rossa avrebbe concesso ad un suo membro col cavalierato lo stemma delle rose. Comunque sia, è certo da annoverarsi fra le più illustri famiglie delle così dette case nove. Uno dei più belli e grandiosi palazzi di Venezia con la famosa scritta: Non nobis Domine 'a ricorda indimenticabilmente a chi percorre il Canal Grande. Prima di essere doge il Loredano coprì varie importanti cariche dello Stato e ottenne presto la porpora procuratoria de citra, distinguendosi specialmente come uomo di toga. Fu eletto doge il 2 ottobre 1501 di 69 anni in concorrenza coi procuratori Paolo Barbo, Nicolò Trevisan, Marino Lion e Benedetto Pesaro, con Nicolò Michiel dottor, cavaliere e procuratore e con Antonio Tron, Andrea Gabriel, Costantino Priuli, Agostino Bragadin, Marcantonio Morosini e Nicolò Mocenigo cavaliere. Filippo Tron procuratore, figlio del doge Nicolò, forse sarebbe riuscito in vece sua, se non fosse morto pochi - 149