così prendersi il lusso di spendere trentamila ducati perchè il figlio Domenico riuscisse a conseguire il cappello cardinalizio. Non risulta censito nella Redecima del 1514, mentre lo erano i figli Piero con ducati 156.16 di rendita, Gerolamo con 327.26 e Vincenzo con 75. Entrato nella vita pubblica coprì molto degnamente le più alte cariche della repubblica, ma non volle mai alcun reggimento. Era sapiente di consiglio, di gran cuore e di facile eloquenza e fu sempre molto fortunato nelle cose sue. Nel 1494, eletto capitano generale del mare, molto si distinse nella guerra contro Carlo Vili conquistando varie città delle Puglie occupate dai Francesi e meritandosi così la porpora procuratoria de citra. Rieletto nel 1499 nuovamente capitano generale contro i Turchi, non seppe mostrarsi all’altezza della situazione e dagli insuccessi subiti dalla veneta flotta chiaro apparve che non possedeva l’ascendente e l’autorità necessari ad un comandante supremo di una flotta. Destituito dal comando tornò a Venezia coi ferri ai piedi, accompagnato dai figli Vincenzo e Domenico, che glieli reggevano per alleviargliene il peso. Nel processo, che ne seguì, fu mandato al confino a Cherso e Ossero e gli venne tolta la dignità procuratoria. Aiutato dal figlio cardinale trovò modo di fuggire e di andare a stare con lui a Roma, dove rimase fino al 1509, anno in cui per generale consenso fu graziato dalla pena del confino e richiamato in patria, ove ebbe nuovamente parte importante nella vita pubblica, distinguendosi come diplomatico e uomo di Stato. Al suo richiamo devono aver certo contribuito le sue eminenti qualità, ma più ancora forse l’essere padre di un influente cardinale. Riebbe così la porpora procuratoria de supra invece di quella di citra e venne anche creato cavaliere. Finalmente, il 6 luglio 1521, in concorrenza con i procuratori Lorenzo Loredan, Antonio Tron, Alvise da Molin, Andrea Gritti, coi cavalieri e procuratori Domenico Trevisan e Giorgio Corner e con Leonardo Mocenigo, Paolo e Pietro Cappello, Nicolò Bernardo,