liccia, mentre di questa, tratta da vai, ermellini, zibellini o lupi cervieri, era esclusivamente fatto il collare fermato con borchia d’oro o gemmata. Il manto con grande strascico, ornato di grandi bottoni metallici a pera, sempre retto da caudatari, era indossato solo nelle grandi solennità, mentre di solito il doge vestiva la dogalina con strascico simile a quello del manto. 1 dogi ai piedi ebbero sempre calzette rosse, pianelle prima del secolo XII e poi stivaletti o borzacchini di pelle o di stoffa di colore bruno o rosso. In tempi più recenti usavano anche guanti alle mani. Privatamente il doge indossava invece della dogalina la ro-mana, veste a maniche strette, di raso o di camelotto cremisi e per assistere ai Consigli una simile detta collegiale di raso, di damasco 0 di tabi pure cremisi. I primi dogi portavano capelli lunghi, poi questi diventarono sempre più corti; da Bertucci Valier a tutto il secolo XVII ritornano più folti e a zazzera o sono sostituiti da parrucche, e da Giovanni II Corner fino all’ultimo sono definitivamente sostituiti da parrucche incipriate. La barba dei dogi variò pure di forma e di dimensione secondo 1 tempi e non sempre venne da questi lasciata crescere. I primi la portavano alla greca, poi il suo uso non fu costante e si vedono parecchi dogi in effigie, che ne sono privi fino ad Andrea Gritti col quale tornò di moda e venne portata fino a Giovanni Bembo. Comincia a sparire con Nicolò Donà, sostituita dalla barbetta a pizzo o dal pizzo e dai baffi fino a Silvestro Valier, che inizia la serie dei dogi sbarbati, che continua fino all’ultimo. Dopo la morte del doge il suo ritratto veniva dipinto a spese della Repubblica e collocato in palazzo ducale, dove si vede anche quello di Lodovico Manin, fatto aggiungere dall’Austria. A questo proposito è da osservarsi che, di questi, i soli sicuramente autentici possono essere considerati quelli non anteriori al 1600. I più an- 24 -