arte specialmente apparisce nelle statue della Carità e della Prudenza, eh«» hanno molti punti di contatto con l’Èva dell’arco Foscari. Le altre statue, pur risentendo dell’arte del grande veronese, sono tutte ad esse per fattura inferiori e mostrano di essere opera di scultori secondari. Qualcuna anzi può essere relegata fra i lavori di solo valore decorativo. Nicolò Tron nacque verso il 1399 da Luca e da Lucia Tre-visan, detta Bianca, che insieme a lui ebbero altri tre maschi. La famiglia da cui discendeva, secondo la tradizione, avrebbe avuto origine, insieme alla famiglia Memmo, dalla stirpe antichissima dei Tribuni. Comunque la prima carta notarile, in cui apparisce, non rimonta al di là del 1158 e la Cronaca Altinate non la ricorda. Facendo il mercante a Rodi per quindici anni, riuscì a farsi una notevole sostanza, che era valutata a sessantamila ducati, dei quali oltre ventimila impiegati in stabili. I malevoli aggiungevano che pei arrivare a tanta ricchezza non aveva esitato di fare anche l’usuraio. Quanto fosse ricco lo si rileva anche dal suo testamento, nel quale scrive, parlando della sua sostanza, « che saranno assai danari e robe ». Poi entrò nella vita pubblica veneziana ed essendo homo de gran animo si fece molta strada. Fu ambasciatore straordinario al papa Paolo II e consigliere del doge Cristoforo Moro, quando questi partì al comando della flotta per Ancona, e per molti anni, fino alla elezione a doge, savio del Consiglio. Tanti utili servigi resi allo Stato gli fecero raggiungere, nel 1466, la procurala di S. Marco de supra. Nel 1471 il figlio Giovanni, che era sopracomito di galere a Negroponte, morì tragicamente, impalato dai Turchi. Questo doloroso evento dovette pure avere non poco peso nella sua elezione a doge, che avvenne il 9 novembre dello stesso anno, in concorrenza con Francesco Zane procuratore, con Alvise Foscarini dottor e procuratore e con Pietro Mocenigo capitano generale illustre. Dopo la sua elezione fece in palazzo pubblico convivio a tutte le arti della terra e ghe intravene la dogaressa vestia d’oro. - 125