lusso orientale che sfoggiava, che morì poi tragicamente di un male, che le corrose lentamente tutto il corpo rendendola schifosa e ributtante. Anch’egli fu in molto buone relazioni con l’impero di Bisanzio, che aiutò efficacemente, combattendo i Normanni che gli avevano mosso guerra. Dopo aver riportato segnalate vittorie, in ultimo ebbe un grave insuccesso, in seguito al quale il popolo, eccitato da Vitale Falier, lo obbligò nel 1084 a rinunciare al dogado. Non è accertato, come qualche cronaca afferma, che finisse i suoi giorni, essendo ancora doge. Fu sepolto sotto il portico della chiesa di S. Marco, da lui compiuta e adornata di mosaici. La sua famiglia originaria da Torcello sembra si sia estinta verso il 1450. Portò due stemmi, uno con la croce d’azzurro finestrata di rosso in campo d’oro, e l’altro con la stessa croce ma d’oro in campo azzurro. Cronache molto tarde affermano che da essa abbia avuto origine la famiglia patrizia Belegno. Il suo successore fu Vitale Falier de Doni, figlio di Angelo, discendente d’una illustre casata veneziana del gruppo delle apostoliche, che i tardi genealogisti fanno derivare nientemeno che da Antenore troiano, il favoloso fondatore di Padova, chiamata nei primi tempi Asconia, Anafesta ed Antenorea ! E altri dalla gente Faliera di Roma ! Essa aveva lo stemma semipartito e troncato d’oro, d’azzurro e d’argento. Egli riposa nel monumento di stile italo-bizantino, che sorge nel portico della chiesa di S. Marco, in una nicchia situata a destra di chi entra dalla porta maggiore. È di forma quadrata, diviso in sei rettangoli di marmo incorniciati da quattro mezze colonne. Dei quattro rettangoli laterali i due superiori sono ornati da trafori t gli inferiori da fregi a bassorilievo. Nel centrale inferiore sta scritta una lunga epigrafe, mezzo corrosa dal tempo, dove si leggono le lodi defunto mentre il superiore è pure ornato a trafori. La callotta della ' 47 Vitale Falier de Doni