collo una collana d’oro con una croce di diamanti. In lutto indossava vesti e veli simili, ma di stoffe nere e senza corno in testa.
     La dogaressa, dopo morta, veniva anch’essa imbalsamata ed esposta con le vesti ducali nella sala del Piovego su un cataletto di cui si vede il disegno nei Cerimoniali della Repubblica. Dopo tre giorni le si facevano i funerali solenni come per i dogi. Davanti alla pcrta maggiore di S. Marco il cataletto era alzato ed abbassato per sei volte e poi portato ai Ss. Giovanni e Paolo, dove aveva luogo la solenne funzione, seguita spesso anche dall’elogio funebre. I funerali delle dogaresse vennero fatti, a differenza di quelli dei dogi, sempre alla salma e mai si usarono per essi simulacri di stucco. La prima dogaressa che sia morta, vivente il marito, fu Taddea Mi-chiel e si dovette perciò stabilire allora uno speciale cerimoniale per la sua tumulazione.
     Le ultime norme per i funerali della dogaressa stabilivano che, appena successa la morte, il cadavere, vestito col manto d’oro, guanti bianchi e cuffia e coperto dal velo, venisse esposto con una croce sulle gambe e quattro torce accese nella camera maggiore del suo appartamento. La sera, dopo mezzanotte, veniva trasportato privatamente nella chiesa di S. Marco, parata a nero, e posto con lo stemma dogale sopra un catafalco con scalinate e cupola illuminato da molte torce e candele. Nella mattinata seguente, un’ora prima di mezzogiorno, aveva luogo la funzione con l’orazione funebre e poi la bara, verso il mezzodì, era trasportata in grande pompa con l’intervento della parrocchia, di scuole, di capitoli, di congregazioni, di ospedali e della Corte ducale al completo, non vestita a lutto, nella chiesa in cui esisteva la tomba di famiglia dove, dopo essere stata esposta su un catafalco, veniva tumulata.
' 31