vertito prima in denaro corrente, poi nel 1521, regnando Antonio Grimani, in una moneta speciale del valore di un quarto di ducato con la scritta Principis munus, detta comunemente Osella. Il conio di essa, che era a spese dello Stato, variava ogni anno e talvolta portò impressa l’effigie della dogaressa. Le offese contro di lui erano giudicate dai Pregadi e gli attentati contro la sua vita dal Consiglio dei X al quale anch’egli era sottoposto al pari degli altri patrizi. La sua famiglia aveva pure limitazioni di ogni genere. Non poteva ricevere doni, tributi o servizi, godere di benefici ecclesiastici o di altri principi. I figli ed i fratelli erano esclusi da uffici e dignità, eccezione fatta per il Maggior Consiglio ed il Pregadi, in cui però non potevano votare. Non era lecito in genere ai parenti di sposare senza permesso una forestiera. Cominciando da Antonio Venier venne stabilito che il doge mai potesse mettersi in lutto, e quest’obbligo venne poi esteso anche ai membri della famiglia con lui conviventi, ai quali era lecito il lutto solo nel proprio palazzo. Morto il doge, la famiglia entro tre giorni doveva lasciare l’appartamento tenuto nel palazzo ducale, che nei tempi più antichi era uso che venisse saccheggiato dal popolo. Con tutte queste restrizioni al doge di non comune levatura rimaneva tuttavia un abbastanza largo campo di azione. Presiedeva tutti i consessi dello Stato ed aveva il diritto di proposta con voto. Quando entrava, si inchinava dinnanzi all'immagine sacra levandosi il corno, poi sedeva sul trono. Ciascuno dei patrizi gli si inchinava andando ad occupare il proprio posto ed ogni qualvolta vi si allontanava o ritornava. Quando parlava in Maggior Consiglio, in Senato ed in Collegio stava seduto e coperto, mentre gli altri, eccezione fatta per il Collegio, stavano in piedi. L ultimo giorno dell’anno, mentre si leggeva la parte di esporre il Santissimo, egli pure stava in piedi e col corno ducale in mano. Il 20 -